L’annosa questione legata alla legittimità delle varianti in corso d’opera ha generato un nuovo significativo intervento dell’ANAC per la necessità che i contenuti delle varianti siano sempre riconducibili a fattori imprevisti ed imprevedibili all’atto della gara.
Le varianti in corso d’opera, ai sensi dell’art. 106, comma 1, lettera c) del D.Lgs. n. 50/2016 (Codice dei Contratti Pubblici), possono essere autorizzate esclusivamente in presenza di circostanze impreviste e imprevedibili per l’amministrazione aggiudicatrice, a condizione che la modifica non alteri la natura generale del contratto.
Non assume rilievo il rispetto dei limiti quantitativi previsti dall’art. 106, comma 12, ovvero la variazione fino a concorrenza di un quinto dell’importo contrattuale, se non vengono soddisfatte le condizioni delineate nei commi 1 e 2 del medesimo articolo.
Questi principi sono stati ribaditi dall’ANAC con l’Atto del Presidente del 16 aprile 2025 (fascicolo n. 4949/2024), nel quale si evidenzia la gestione inadeguata di un appalto di servizi da parte di una società operante nel processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione. La società aveva autorizzato una variante contrattuale di valore superiore al 10% rispetto all’importo originario, motivandola con l’insorgenza di circostanze straordinarie e imprevedibili connesse alla pandemia da Covid-19, che avrebbe comportato ritardi nelle fasi di progettazione ed esecuzione e un incremento dei costi per l’ampliamento del servizio di assistenza tecnica.
L’ANAC ha tuttavia rilevato che tali condizioni non rientrano nel perimetro dell’art. 106. L’Autorità ha precisato che le modifiche contrattuali sono ammissibili solo quando, al momento della gara, non erano prevedibili neppure in astratto.
Secondo il considerando 109 della Direttiva 2014/24/UE, le circostanze imprevedibili devono derivare da eventi eccezionali non prevedibili, nonostante un’accurata programmazione iniziale da parte dell’amministrazione, considerando le risorse disponibili e le caratteristiche del progetto.
Ne consegue che, se durante l’esecuzione del contratto si rendesse necessario un adeguamento delle prestazioni fino al quinto dell’importo originario, tale variazione può essere disposta solo nel rispetto delle condizioni di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 106.
L’ANAC ha chiarito che la previsione contenuta nel comma 12 del medesimo articolo non costituisce una disposizione autonoma, bensì integra la disciplina contrattuale tra le parti, specificando che se la modifica rispetta il limite del quinto dell’importo, l’appaltatore è tenuto a eseguire il contratto alle condizioni originarie, senza diritto alla risoluzione.
Se la modifica supera tale soglia, l’appaltatore può richiedere una rinegoziazione e, in caso di esito negativo, esercitare il diritto alla risoluzione del contratto.
Nel caso esaminato, pur risultando conforme ai limiti quantitativi previsti dall’art. 106, le motivazioni alla base della variante sono del tutto infondate. La società ha giustificato l’incremento contrattuale con l’emergenza sanitaria e le sue ripercussioni sull’esecuzione del servizio. Tuttavia, l’ANAC ha evidenziato che tali circostanze non soddisfano i criteri di imprevedibilità stabiliti dal considerando 109 della Direttiva 2014/24/UE.
Derivano principalmente da scelte organizzative interne, come la modifica progettuale, la riorganizzazione del servizio e il potenziamento del Contact Center telefonico, che sarebbero avvenute indipendentemente da eventi esterni.
La variante è stata adottata nel 2024, diversi anni dopo l’emergenza pandemica (2020/2021), rendendo difficile ipotizzare un nesso diretto tra l’evento e la necessità di modifica contrattuale.
Alla luce di tali considerazioni e della lettura coordinata dell’art. 106, commi 1, lettera c), e 12, l’ANAC ha concluso che la variante adottata non è legittima in assenza di una nuova gara, in conformità alla normativa europea e nazionale (art. 72 Direttiva 2014/24/UE e art. 106, comma 1, lettera c) del D.Lgs. n. 50/2016).
Poiché la variante difetta dei presupposti normativi per la sua adozione, è irrilevante che l’importo rientri nei limiti previsti. Le soluzioni adottate sono riconducibili a criticità gestionali e organizzative della stazione appaltante e non a circostanze eccezionali imprevedibili.
L’ANAC ha pertanto contestato alla società l’illegittimità della variante contrattuale, raccomandando per il futuro di prestare maggiore attenzione nella valutazione e adozione di modifiche contrattuali, di garantire il rigoroso rispetto della normativa di settore e di pianificare in modo più puntuale e strategico le attività di gestione degli appalti, in relazione ai fabbisogni della pubblica amministrazione di riferimento.