-23 marzo 2017- Responsabilità  solidale, l'appaltatore non paga? Ora il committente rimane senza Durc

 Responsabilità solidale appalti, il nuovo testo dell'articolo 29 del Dlgs 276/2003

Doppio danno per il titolare del contratto principale: oltre alla responsabilità diretta sulle inadempienze delle ditte a valle rischia di perdere appalti e agevolazioni

Doppio danno per l’imprenditore che sia anche committente di appalti e subappalti di opere o di servizi.

Sono le conseguenze della riformulazione dell’articolo 29 del decreto legislativo 276/2003 per opera dell’articolo 2 del decreto legge 25/2017, con cui sono state riportate indietro nel tempo le lancette che disciplinano la responsabilità solidale del committente.

Ora, infatti, l’omissione contributiva dell’appaltatore e del subappaltatore determina una responsabilità diretta, seppure solidale, del committente con la conseguenza che l’Inps non può rilasciare a favore di quest’ultimo il documento unico di regolarità contributiva (Durc).

Questa conseguenza negativa si aggiunge all’onere di essere chiamato in causa dal lavoratore dipendente dell’appaltatore o subappaltatore già al momento della rivendicazione salariale e da parte dell’istituto di previdenza per il mancato tempestivo pagamento dei contributi e premi.

L’articolo 29, il cui testo originario era stato da ultimo modificato dall’articolo 4, comma 31, lettere a e b, della legge 92/2012, prevedeva limiti netti per la chiamata in causa del committente per rispondere dei compensi al lavoratore oltre che dei contributi e premi dovuti all’Inps e all’Inail: l’azione esecutiva sarebbe stata possibile intentarla nei confronti del committente imprenditore solo dopo l’infruttuosa escussione del patrimonio dell’appaltatore e degli eventuali subappaltatori, ferma restando la possibile azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali.

Con l’abolizione di tali condizioni ai fini della chiamata in solido con le inadempienze retributive e contributive dell’esecutore dell’opera o del servizio, il committente si trova ora di fronte a una responsabilità diretta, senza cioè alcuna possibilità di interloquire in corso d’opera. Né, peraltro, la legge, fa alcun riferimento in proposito.

È chiaro, a questo punto, per rimanere alla materia contributiva, che l’Inps, a fronte dell’accertato mancato pagamento di quanto dovuto per il periodo di esecuzione del contratto di appalto, ed entro due anni dalla cessazione dello stesso, potrà contestare l’indebito non solo all’appaltatore/subappaltatore-datore di lavoro, ma contestualmente anche all’imprenditore-committente.

È evidente che la pendenza contributiva costituisce una causa di impedimento del rilascio del Durc da parte dell’istituto di previdenza (e della stessa Cassa edile, per la parte retributiva, in caso di appalto o subappalto di opere edili), anche nei confronti del committente, il quale si vedrà escluso dalla partecipazione a qualsiasi forma di appalto e/o benefici di legge.

La situazione si normalizzerà con la regolarizzazione della posizione contributiva relativa all’appalto soggetto a contestazioni.

La responsabilità solidale del committente, anche ai fini della propria posizione, non si risolve ovviamente con la presenza del Durc dell’appaltatore quando i lavori o i servizi siano ancora in corso, ma potrà benissimo essere accertata dall’Inps anche dopo la conclusione dell’appalto e comunque entro due anni dalla chiusura del contratto.

Poiché la rivendicazione del lavoratore, con gli immancabili risvolti contributivi, potrà avvenire dopo la risoluzione del rapporto di lavoro o dello stesso contratto di appalto, è evidente che per far fronte a tale evenienza il committente dovrebbe provvedere con adeguate cautele nei confronti dell’appaltatore/subappaltatore, almeno fino alla scadenza dei due anni.