SUBAPPALTO: QUANDO LA PA PUO' NEGARLO PER LA PRESENZA DI SENTENZE PENALI PASSATE IN GIUDICATO

  

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Il T.A.R. Lazio con la pronuncia n. 2389 del 14 febbraio 2017 si è pronunciato in materia di appalti pubblici e in particolare sul ricorso allo strumento del subappalto

a cura di Stefano Maria Sisto

La vicenda oggetto di giudizio trae origine dalla richiesta del raggruppamento temporaneo di imprese che si era aggiudicato la gara, di subappaltare ad altra impresa (ex art. 118 d.lgs. n. 163/2006) al fine di colmare la mancanza di alcuni requisiti di cui era sprovvisto.

L’Ente gestore respingeva tale richiesta poiché aveva riscontrato la sussistenza di elementi ostativi ex art. 38 d.lgs. n. 163/2006 ovvero la pendenza di reati di elevata gravità in capo ad alcuni componenti dell’impresa.

Da un punto di vista processuale il T.A.R. Lazio ha riconosciuto la legittimità in capo all’impresa subappaltatrice ad impugnare il rifiuto di autorizzazione nonostante la richiesta sia stata proposta dall’impresa aggiudicataria.

 L’affidamento in subappalto può essere negato ai sensi dell’art. 38, co. 1, lett. c), d.lgs. n. 163/2006 solo nel momento in cui vi sia una sentenza di condanna passata in giudicato e la stessa sia stata pronunciata nei confronti dell’amministratore delegato munito di poteri di rappresentanza se si è in presenza di una società di capitali; del direttore tecnico nel caso di socio unico persona fisica;del socio di maggioranza qualora vi sia una società con meno di quattro soci.

- La stazione appaltante debba provvedere immediatamente e automaticamente alla esclusione e quindi senza che sia data possibilità alla stessa di compiere una valutazione discrezionale, quando vi sia stata condanna per i reati di frode, riciclaggio o partecipazione ad un’organizzazione criminale.

Il T.A.R. Lazio con la pronuncia n. 2389 del 14.02.2017 si è pronunciato in materia di appalti pubblici e in particolare sul ricorso allo strumento del subappalto.

La vicenda oggetto di giudizio trae origine dalla richiesta del raggruppamento temporaneo di imprese che si era aggiudicato la gara, di subappaltare ad altra impresa (ex art. 118 d.lgs. n. 163/2006) al fine di colmare la mancanza di alcuni requisiti di cui era sprovvisto.

L’Ente gestore respingeva tale richiesta poiché aveva riscontrato la sussistenza di elementi ostativi ex art. 38 d.lgs. n. 163/2006 ovvero la pendenza di reati di elevata gravità in capo ad alcuni componenti dell’impresa.

Da un punto di vista processuale il T.A.R. Lazio ha riconosciuto la legittimità in capo all’impresa subappaltatrice ad impugnare il rifiuto di autorizzazione nonostante la richiesta sia stata proposta dall’impresa aggiudicataria.

Dal punto di vista sostanziale i Giudici hanno annullato il provvedimento di diniego e specificato che l’affidamento in subappalto può essere negato ai sensi dell’art. 38, co. 1, lett. c), d.lgs. n. 163/2006 solo nel momento in cui vi sia una sentenza di condanna passata in giudicato e la stessa sia stata pronunciata nei confronti dei seguenti soggetti:

a) Dell’amministratore delegato munito di poteri di rappresentanza se si è in presenza di una società di capitali; 
b) Del direttore tecnico nel caso di socio unico persona fisica; 
c) Del socio di maggioranza qualora vi sia una società con meno di quattro soci.

Inoltre, il T.A.R. Lazio, sempre richiamando l’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006, ha evidenziato come la stazione appaltante debba provvedere immediatamente e automaticamente alla esclusione e quindi senza che sia data possibilità alla stessa di compiere una valutazione discrezionale, quando vi sia stata condanna per i reati di frode, riciclaggio o partecipazione ad un’organizzazione criminale.

“Ne consegue che la mera sussistenza di reati astrattamente incidenti sulla moralità professionale non vale ad integrare la causa di esclusione di cui all'art. 38 comma 1 lett. c), d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, occorrendo invece una concreta valutazione da parte della stazione appaltante in ordine alla gravità di questi reati; la gravità del reato è, invero, un concetto giuridico a contenuto indeterminato, implicante una valutazione da compiersi non già con riferimento alla fattispecie penale astratta, come normativamente delineata, ma di volta in volta con riferimento ad una serie di parametri quali, a titolo esemplificativo, la maggiore o minore connessione con l'oggetto dell'appalto, il lasso di tempo intercorso dalla condanna, l'eventuale mancanza di recidiva, le ragioni in base alle quali il giudice penale ha commisurato in modo più o meno lieve la pena”(1).

Pertanto, al di fuori dei casi sopra indicati la stazione appaltante potrà valutare la gravità dei reati rapportata anche al caso concreto e decidere per l’esclusione o meno dandone completa e adeguata motivazione qualora decida di procedere per l’allontanamento dell’impresa.