Gare, niente silenzio-assenso per la verifica dei certificati delle imprese

 È il principio ribadito dall’Anac rispondendo alla richiesta di parere avanzata da Regione Lombardia e Mit: in attesa dell’interoperabilità delle banche dati prevista per il 1° gennaio aggiudicazione solo dopo aver controllato tutti i requisiti

 Non c’è spazio per il silenzio-assenso nella gestione delle gare d’appalto. Dunque nessuna amministrazione può aggiudicare un contratto senza aver acquisito e verificato compiutamente tutta la certificazione in possesso delle varie banche dati sul concorrente primo in classifica. Allora, anche se entro 30 giorni dall’attivazione dei controlli l’ente appaltante non ha ricevuto le risposte dovute non può procedere «come se» la prova sui requisiti dichiarati dall’impressa fosse stata acquisita. È questa la risposta che l’Autorità Anticorruzione ha dato di fronte al quesito posto da parte di due importanti stazioni appaltanti, vale a dire Regione Lombardia e una Direzione generale del ministero delle Infrastrutture.

Con un doppio atto di Funzione consiliare (57/2023 e 57-bis/2023), l’Autorità ha chiarito che in base al nuovo Codice dei contratti e alla giurisprudenza in vigore la stazione appaltante non può avvalersi del silenzio-assenso. Dal 1° gennaio 2024, entrerà in vigore l’E-Procurement e (si spera) la piena interoperatività del sistema di interconnessione tra le diverse banche dati. Nel frattempo, per l’Anac non c’è altra strada che richiedere l’attestazione direttamente alle amministrazioni certificatrici, e aspettare che tale certificazione arrivi.

«Spesso ciò richiede un tempo lungo o addirittura indefinito posto che, talvolta, il certificato non viene acquisito per mancata risposta da parte degli enti competenti», scrivono ad Anac le amministrazioni interessate. «Sarebbe utile poter procedere con l’aggiudicazione anche in assenza di tutti i riscontri, applicando l’istituto del silenzio-assenso (legge n. 241/1990)». Le amministrazioni hanno chiesto, inoltre, all’Autorità, «se sia consentito inserire nel contratto una clausola che preveda, in presenza di successivo accertamento del difetto del possesso dei requisiti prescritti, la risoluzione dello stesso ed il pagamento del corrispettivo pattuito solo con riferimento alle prestazioni già eseguite».

Anac ha risposto che, in base alla legislazione attuale, «l’aggiudicazione viene disposta dalla stazione appaltante dopo aver effettuato positivamente il controllo dei requisiti in capo all’aggiudicatario, successivamente al quale il contratto potrà essere stipulato o ne potrà essere iniziata l’esecuzione in via di urgenza».

La norma richiede, quindi, espressamente – ai fini dell’aggiudicazione dell’appalto e della stipula del relativo contratto – che la stazione appaltante proceda al riscontro positivo dei requisiti dichiarati in gara dall’aggiudicatario. «Fino alla completa operatività del sistema che scatterà dal 1° gennaio -scrive Anac-, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti effettuano le verifiche di competenza sui dati e i documenti a comprova dei requisiti generali non disponibili nel Fascicolo virtuale».

«Dunque, nelle more della piena operatività del sistema di interconnessione tra le diverse banche dati, le stazioni appaltanti effettuano le verifiche di competenza. Dopo aver verificato il possesso dei requisiti in capo all’offerente, viene disposta l’aggiudicazione, che è immediatamente efficace. Solo all’esito del positivo riscontro del possesso dei requisiti in capo all’aggiudicatario ai fini dell’aggiudicazione, è possibile procedere alla stipula del contratto». «Pertanto - si legge sempre nei pareri -, in caso di inutile decorso del suddetto termine generale di 30 giorni, la procedura rimane ferma e l’eventuale aggiudicazione non acquista efficacia fintanto che non perviene la documentazione richiesta che può essere comunque sollecitata”»

Di conseguenza, non è possibile inserire una clausola nel contratto come richiesto dalle amministrazioni interessate.

Per il futuro, Anac ricorda comunque che, in base al nuovo Codice appalti, dal 1° gennaio 2024 «l’omissione di informazioni richieste, il rifiuto o l’omissione di attività necessarie a garantire l’interoperabilità delle banche dati coinvolte nel ciclo di vita dei contratti pubblici costituisce violazione punibile di obblighi di transizione digitale».