Demanio marittimo, no al rinnovo automatico delle concessioni per entità e rilevanza economica delle opere da realizzare

 La norma che lo consente contrasta con la direttiva Bolkestein perché ostacola la libera concorrenza

 L’articolo 03, comma 4-bis, del decreto legge n. 400 del 1993 che consente il rinnovo automatico delle concessioni demaniali marittime sino a venti anni in ragione dell’entità e della rilevanza economica delle opere da realizzare contrasta con l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva n. 123/2006 CE (direttiva Bolkestein), perché ostacola la libera concorrenza e pone in essere una disparità di trattamento tra i potenziali concorrenti e il concessionario uscente. Difatti, commisurare la durata della concessione al tempo necessario per ammortizzare l’investimento significherebbe «sterilizzare la possibilità di aprire l’affidamento alla concorrenza a condizioni di maggior favore per la stessa pubblica amministrazione». Lo ha stabilito il Consiglio di Stato (sentenza n. 9493 del 2023) che al pari del Tar Toscana ha confermato la legittimità del provvedimento con cui il Comune di Follonica aveva rigettato l’istanza del titolare di uno stabilimento balneare che aveva chiesto la proroga della concessione di venti anni, rappresentando di «aver investito € 1.038.785,85 e che per ammortizzare tale somma sarebbero stati necessari ulteriori anni 21».

La decisione del Consiglio di Stato

L’appellante aveva invocato il proprio l’affidamento sul prolungamento del titolo concessorio sulla scorta di una clausola della concessione che faceva salva la facoltà del concessionario di avvalersi della norma suindicata. Mentre il Comune aveva richiamato la sentenza della Corte di Giustizia del 14 luglio 2016 secondo cui l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva Bolkestein non consente «una proroga automatica di autorizzazioni allorché, al momento della concessione iniziale, non è stata organizzata alcuna procedura di selezione». Tesi che ha colto nel segno. L’Alto Collegio ha affermato che il comma 4-bis, dell’articolo 03 del decreto legge n. 400 del 1993 «vanifica la possibilità di aprire l’affidamento alla concorrenza a condizioni di maggior favore per la stessa pubblica amministrazione», evidenziando che:

  • la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittime alcune disposizioni regionali che prevedevano la possibilità, per i titolari di concessioni demaniali, di chiedere la proroga della concessione, fino ad un massimo di 20 anni dalla data del rilascio, subordinatamente alla presentazione di un programma di investimenti (sentenza n. 340 del 2010 che ha dichiarato l’incostituzionalità dell’articolo 16, comma 2, della legge della Regione Toscana n. 77 del 2009: «La norma impugnata determina […] un’ingiustificata compressione nella gestione del demanio marittimo, violando il principio di parità di trattamento, che si ricava dagli articoli 49 e ss. del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in tema di libertà di stabilimento, e favorendo i vecchi concessionari a scapito degli aspiranti nuovi»).
  • secondo le sentenze n. 17 e n. 18 n. 18 del 2021 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, la direttiva 123/2006 CE «deve essere considerata una direttiva di liberalizzazione, nel senso che è tesa ad eliminare gli ostacoli alla libertà di stabilimento e di servizio, garantendo l’implementazione del mercato interno e del principio concorrenziale ad esso sotteso».

Da qui il principio di diritto della pronuncia in narrativa: «Il meccanismo dell’articolo 03, comma 4-bis, del decreto legge n. 400 del 1993 […] conduce a conseguenze illegittime e aberranti, riconoscendo al concessionario la facoltà di ottenere il rinnovo della concessione per ben venti anni […] sulla base degli investimenti effettuati, mentre una siffatta conseguenza è radicalmente contrastante con il diritto unionale perché garantisce un prolungamento del rapporto ben oltre ogni legittimo affidamento in ipotesi riposto sulla possibilità di ammortizzare gli investimenti effettuati in un tempo congruo».