Nuovo Codice Appalti, circolare interpretativa del Ministero. Busia: Marcia indietro del governo. Ora piĆ¹ concorrenza.

 Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha emanato – in condivisione con la Presidenza del Consiglio dei Ministri, dipartimento Affari Giuridici e Legislativi- una circolare interpretativa dell’articolo 50 del nuovo Codice degli Appalti riguardante le procedure di affidamenti di lavori, servizi e forniture.  Si tratta di “chiarimenti interpretativi in merito alla possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie”.

“Si ribadisce – si legge nella circolare – che le disposizioni contenute nell’articolo 50 del Codice vanno interpretate ed applicate nel solco dei principi e delle regole della normativa di settore dell’Unione europea, che in particolare richiama gli Stati membri a prevedere la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di applicare procedure aperte o ristrette, come disposto dalla Direttiva 2014/24/UE”.

La circolare con la quale il MIT interviene sulle procedure sotto soglia (affidamenti diretti e procedura negoziata senza bando), innovando rispetto a quanto affermato col nuovo Codice degli Appalti, indicando che bisogna tenere conto non solo del principio di risultato, ma anche degli altri principi del Codice, tra cui innanzitutto quello di trasparenza. E’ quindi fatta salva la possibilità per le Stazioni Appaltanti di ricorrere a procedure selettive pubbliche e pubblicazione dei bandi, e che tutto va interpretato sulla base dei principi dell’UE, che sono appunto quelli della concorrenza.

Il commento di Busia

“La circolare è una evidente marcia indietro del Governo e mostra che le nostre obiezioni erano fondate”, dichiara il Presidente di Anac Giuseppe Busìa. “Il Ministero lo fa con una circolare e non – come sarebbe stato necessario - con legge, ma rappresenta comunque un importante passo avanti. Prevedere che sia obbligatorio l’affidamento diretto per tutti i contratti per l’acquisto di beni o servizi sopra i 140mila euro e che si arrivi ad assegnare i lavori fino ad oltre cinque milioni di euro senza pubblicare neanche un avviso pubblico rappresentava una forzatura. Numericamente, si tratta infatti della stragrande maggioranza dei contratti significava che sarebbero stati sottratti alle più elementari forme di pubblicità, a danno delle imprese e delle casse pubbliche. È infatti evidente che, se per spendere ben oltre centomila euro, l’amministrazione non deve neanche chiedere due preventivi, si rivolgerà alla prima impresa che capita, e questa non avrà alcun interesse a contenere la propria offerta”. 

“Anche fuori dai casi di piccola o grande corruzione – continua il Presidente Busìa - è chiaro che ad essere premiato sarà il fornitore più ‘vicino’ o comunque quello già conosciuto, e non quello più bravo. Con il risultato ultimo di spendere di più, avendo in cambio forniture e servizi di minore qualità o opere destinate a durare meno”.

“La trasparenza   specie in tempi di digitalizzazione   non solo non fa perdere tempo, ma lo fa guadagnare, sia perché la gara occupa da sempre una piccola percentuale di tempo rispetto alla fase autorizzatoria ed all’esecuzione, sia perché solo le imprese selezionate in modo trasparente per essere migliori e non più amiche, sono in grado di portare avanti rapidamente i lavori”.

“Se vogliamo creare sviluppo e ricchezza, dobbiamo spingere le nostre imprese ad investire in innovazione e qualità, non in pubbliche relazioni con i decisori dei diversi livelli istituzionali".