Dal Consiglio di Stato un altro si alle misure di self cleaning adottate in corso di gara

 Grave illecito professionale – Misure di self cleaning – Valenza pro futuro – Adozione in corso di gara

 Massima

L’orientamento in base al quale le misure di self cleaning possono spiegare la propria efficacia sanante solo in una prospettiva futura va ripensato alla luce sia dei principi affermati in materia dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, sia degli orientamenti della giurisprudenza nazionale maturati recentemente. In particolare, sostenere che le misure di self-cleaning, se adottate prima della presentazione dell’offerta o nel corso della procedura di gara di cui trattasi, operano sempre e solo in relazione alle gare indette successivamente alla loro adozione, significa evitare di valutare la concreta incidenza di tali misure sulla affidabilità dell’operatore economico nella gara in corso e quindi procedere alla automatica esclusione dalla procedura, in contrasto con i principi della Corte UE che, in tema di esclusione facoltativa, precludono forme di esclusione automatica, ossia senza una previa valutazione e motivazione da parte della stazione appaltante.
Pertanto, la valutazione della gravità dell’illecito professionale e della incidenza sull’affidabilità morale e professionale dell’operatore economico non può essere disgiunta dalla valutazione (anche) delle misure di self-cleaning adottate e della loro idoneità – sul piano organizzativo e tecnico dell’impresa – a prevenire ulteriori illeciti, consentendo il superamento dei dubbi insorti sull’affidabilità dell’aggiudicatario.

Commento

La sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 25 agosto 2023, n. 7949, in commento, assume specifico rilievo poiché si inserisce nel solco interpretativo tracciato dalla giurisprudenza amministrativa più recente in tema di misure di self cleaning, e orientata a riconoscere più ampia operatività a dette misure ai fini dell’ammissione in gara degli operatori economici.

Nel caso di specie rimesso, dapprima, all’esame del T.a.r. per la Puglia (sez. III, 16 febbraio 2023, n. 239) e, successivamente, del Consiglio di Stato, l’impresa ricorrente era stata esclusa ex art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50/2016 da una gara indetta da Anas s.p.a. per l’affidamento di lavori, poiché nel corso della verifica dei requisiti erano emerse indagini penali a carico dell’amministratore, in relazione ad un’ipotesi di traffico illecito di rifiuti.

Ritenendo illegittima la decisione della stazione appaltante, l’impresa ha impugnato la suddetta esclusione, in ragione – fra gli altri motivi di gravame – della mancata valutazione delle misure di self cleaning, adottate dalla ricorrente seppur dopo l’indizione della procedura. In particolare, secondo l’impresa “l’amministrazione avrebbe dovuto considerare la concreta incidenza di tali misure sull’affidabilità professionale dell’aggiudicataria quando (come nel caso di specie) esse intervengano prima della presentazione delle offerte (anche se dopo l’indizione della gara). Non sarebbe quindi applicabile la tesi secondo cui le misure produrrebbero effetti solo sulle procedure future e non su quella in corso”.

Nel primo grado del giudizio, il tribunale amministrativo territoriale ha respinto il ricorso, sul presupposto che le misure di self cleaning – così come affermato dalla giurisprudenza sinora consolidata – sono destinate a valere soltanto pro futuro.

È noto, infatti, che nel recente passato – si ricorda nella sentenza del T.a.r. per la Puglia – i giudici amministrativi si sono, pressoché all’unanimità, orientati a ritenere che le misure di self cleaning, rappresentando “un ravvedimento operoso tramite il quale l’operatore economico può superare l’attitudine preclusiva dell’accertata sussistenza di una o più cause di esclusione”, avessero effetto “per la partecipazione a gare successive all’adozione delle misure stesse, essendo inimmaginabile un loro effetto retroattivo. Solo dopo l’adozione delle stesse, la stazione appaltante può infatti essere ritenuta al riparo dalla ripetizione di pratiche scorrette ad opera degli stessi operatori, posto anche che l’atto sanzionatorio remunera una condotta”.

In sede di appello, il Consiglio di Stato ha invece assunto determinazioni differenti, aderendo agli orientamenti più recenti della giurisprudenza amministrativa nazionale, ispirati ai principi affermati sul tema dalla Corte di giustizia dell’Unione europea.

In particolare – si legge nella sentenza in esame – secondo il nuovo indirizzo interpretativo “il diritto dell’operatore economico a vedersi valutate le misure correttive dell’organizzazione e dell’amministrazione aziendale adottate dopo la scoperta degli illeciti non può essere limitato sulla base della considerazione che queste misure producono effetti esclusivamente nelle procedure di gara successive e future rispetto a quella in cui è stato rilevato e valutato l’illecito professionale; e ciò sempre e indipendentemente dalle concrete vicende”.

Tale assunto poggia, anzitutto, sul dato letterale della normativa nazionale (art. 80, comma 7, d.lgs. n. 50/2016) ed europea (art. 57, paragrafo 6 e considerando 102 della direttiva 2014/24) di riferimento, le quali non stabiliscono in quale fase della procedura di gara debba essere fornita la prova delle misure correttive adottate dall’operatore economico.

Inoltre, anche la ratio e le finalità sottese all’istituto in commento dispongono in tal senso.

Le norme sopra richiamate, riconoscendo all’operatore economico la possibilità di fornire la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso adottati per prevenire ulteriori illeciti, intendono infatti sottolineare l’importanza attribuita al requisito dell’affidabilità morale e professionale, nonché a garantire una valutazione obiettiva degli operatori economici e una concorrenza effettiva fra gli stessi. Tali obiettivi possono essere raggiunti solo ove l’operatore economico sia ammesso a provare l’adozione di misure di self cleaning in qualunque fase della procedura che preceda l’aggiudicazione, facendo così valere ed esaminare i provvedimenti che, a suo avviso, consentono di rimediare a un motivo di esclusione (cfr., Corte di giustizia U.E., sez. IV, 14 gennaio 2021, RTS infra BVBA, C-387/19.

Invece, sostenere – come pure ha fatto per lungo tempo la giurisprudenza amministrativa – che le misure di self-cleaning, se adottate prima della presentazione dell’offerta o nel corso della procedura di gara, operano sempre e solo in relazione alle gare indette successivamente, “significa evitare di valutare la concreta incidenza di tali misure sulla affidabilità dell’operatore economico nella gara in corso e quindi procedere alla automatica esclusione dalla procedura, in contrasto con i principi della Corte UE che, in tema di esclusione facoltativa, precludono forme di esclusione automatica, ossia senza una previa valutazione e motivazione da parte della stazione appaltante”.

Pertanto, concludono i giudici del Consiglio di Stato, “la valutazione della gravità dell’illecito professionale e della incidenza sull’affidabilità morale e professionale dell’operatore economico non può essere disgiunta dalla valutazione (anche) delle misure di self-cleaning adottate e della loro idoneità – sul piano organizzativo e tecnico dell’impresa – a prevenire ulteriori illeciti, consentendo il superamento dei dubbi insorti sull’affidabilità dell’aggiudicatario”.

Tale orientamento interpretativo, oltre a diffondersi nella giurisprudenza amministrativa, sembra oggi trovare accoglimento anche nel nuovo Codice dei contratti pubblici, che all’art. 96 consente all’operatore economico di adottare e comunicare le misure correttive in un momento successivo a quello di presentazione dell’offerta, qualora la causa di esclusione si sia verificata in corso di gara. La tempestività delle misure costituisce, invece, indice di valutazione dell’affidabilità dell’operatore.