Esclusione per illeciti professionali, guida all'uso dopo le indicazioni dell'Anac sulle novità del nuovo codice

 Il Dlgs 36/2023 tenta di circoscrivere, ma non elimina la discrezionalità delle Pa alla ricerca di un difficile equilibrio, tra libertà di impresa, garanzie delle persone coinvolte, tutela degli enti appaltanti

 La recente delibera Anac n. 397 del 6 settembre 2023 che affronta il tema specifico della valenza dell'iscrizione nel registro degli indagati ai fini dell'esclusione dalle gare di appalto ripropone la tematica più generale – di grande interesse e con profili di rilevante complessità – che si può così sintetizzare: come vengono disciplinati nel nuovo Codice dei contratti pubblici – che innova rispetto alla previgente normativa – gli effetti delle condotte penalmente rilevanti relative a determinati reati rispetto alla partecipazione dei concorrenti alle procedure a evidenza pubblica.

In termini generali è possibile affermare che tali comportamenti sono presi in considerazione dal Dlgs 36/2023 in relazione a un duplice scenario:

a) se hanno dato luogo a una sentenza definitiva di condanna o provvedimenti equivalenti relativi alla commissione di determinati reati;

b) se – sempre relativamente a determinate tipologie di reati – non è ancora intervenuta sentenza definitiva di condanna ma è in corso un procedimento penale a differenti stadi del suo iter, con emanazione dei relativi provvedimenti tipici di ogni fase.

Le sentenze definitive di condanna
Si tratta del profilo meno problematico e che non presenta particolari criticità. La relativa disciplina – contenuta all'articolo 94, comma 1 - è chiara e non si presta a particolari dubbi interpretativi. In base a tale disposizione costituisce causa di esclusione automatica l'emanazione a carico dell'operatore economico dell'intervenuta sentenza di condanna definitiva o decreto penale di condanna divenuto irrevocabile in relazione ai seguenti reati:

a) associazione per delinquere e associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti o al contrabbando di tabacchi;
b) reati di natura corruttiva;
c) false comunicazioni sociali;
d) frode;
e) delitti di terrorismo;
f) riciclaggio e delitti assimilati;
g) sfruttamento del lavoro minorile;
h) ogni altro delitto da cui derivi come pena accessoria l'incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione.

Si tratta di cause di esclusione per le quali la norma prevede un meccanismo automatico, che prescinde quindi da ogni valutazione discrezionale della stazione appaltante.

Sotto il profilo soggettivo, i comportamenti delittuosi sono imputabili ai concorrenti alle gare se posti in essere da persone fisiche che si trovano in posizione apicale o comunque con funzioni decisionali nell'ambito dell'organizzazione aziendale, indicate al comma 3 dell'articolo 94 nei seguenti termini:

a) titolare o direttore tecnico nel caso di impresa individuale;
b) socio amministratore o direttore tecnico nel caso di società in nome collettivo;
c) soci accomandatari o direttore tecnico nel caso di società in accomandita semplice;
d) amministratori legali rappresentanti, compresi institori e procuratori generali;
e) componenti degli organi di direzione o di vigilanza;
f) direttore tecnico o socio unico;
g) amministratore di fatto.

Infine, nel caso in cui il socio sia una persona giuridica, la causa di esclusione scatta se il provvedimento di condanna è stato emanato nei confronti degli amministratori della stessa (comma 4).

I procedimenti penali in corso
Molto più complessa è la situazione nell'ipotesi in cui i concorrenti – e per essi le persone fiche sopra indicate – abbiano in corso un procedimento penale che ha dato luogo a una sentenza di condanna non definitiva ovvero – situazione ancora più complicata – stia sviluppando il suo iter ordinario, con i relativi provvedimenti tipici di ogni fase dello stesso, senza che vi sia stata ancora alcuna sentenza o provvedimento anche non definitivo.

Questa ipotesi, nelle sue diverse articolazioni, è ricondotta dal Dlgs 36 alla fattispecie dell'illecito professionale grave. La commissione di un illecito professionale grave rappresenta, ai sensi dell'articolo 95, comma 1, lettera e), una causa di esclusione facoltativa. Ne consegue che non opera in maniera automatica, ma presuppone l'esercizio di una valutazione discrezionale da parte dell'ente appaltante. Non si tratta di una novità, poichè anche il Dlgs 50 prevedeva quale causa di esclusione l'ipotesi del grave illecito professionale, che la stazione appaltante poteva dimostrare con ogni mezzo di prova.

Tuttavia è molto diverso il trattamento che la nuova disciplina riserva all'illecito professionale grave rispetto a quanto stabilito dal vecchio codice. Infatti, nel Dlgs 50 la figura del grave errore professionale non era in alcun modo tipizzata. Ciò implicava che la stazione appaltante godeva di un'ampia discrezionalità nel definire i casi che vi rientravano e tale aspetto aveva un'incidenza immediata proprio in relazione alla pendenza di procedimenti penali a carico dei concorrenti, nelle diverse fasi loro proprie. Così, ogni stazione appaltante poteva valutare se l'esistenza di una condanna non definitiva, di un provvedimento cautelare, di un provvedimento di rinvio a giudizio fino alla semplice iscrizione nel registro degli indagati configurasse o meno un'ipotesi di grave errore professionale e dovesse quindi comportare l'esclusione del concorrente dalla gara. Evidentemente questa ampia discrezionalità valutativa recava con sé interpretazioni non uniformi con conseguente sviluppo di un notevole contenzioso.

IL Dlgs 36 opera sotto questo profilo un rilevante cambio di indirizzo, come evidenziato anche nella delibera Anac 397/2023. L'articolo 98 è integralmente dedicato alla disciplina dell'illecito professionale grave e, per espressa previsione contenuta nel precedente articolo 95, comma 1, lettera e), le ipotesi elencate dalla norma costituiscono un numero chiuso e tassativo. Inoltre, lo stesso articolo 98, al comma 3, indica i mezzi di prova da cui si può desumere la sussistenza dell'illecito professionale grave in relazione alle diverse ipotesi in cui lo stesso può trovare configurazione.

In sostanza, il legislatore ha fortemente ridotto l'ambito della valutazione discrezionale in capo alla stazione appaltante, introducendo il principio della tassatività sia con riferimento alle ipotesi di illecito professionale grave che alle modalità con cui le stesse possono essere provate. La discrezionalità non viene totalmente annullata, in quanto persiste in relazione alla valutazione in concreto dei singoli mezzi di prova, ma viene confinata in un ambito molto più circoscritto rispetto al passato.

Gli atti del procedimento penale rilevanti per l'illecito professionale grave
È sulla base di questo contesto di riferimento che occorre analizzare in che termini la pendenza di un procedimento penale in corso possa essere valutata ai fini della configurabilità dell'illecito professionale grave, con particolare riferimento agli effetti che possono derivare dall'adozione di specifici atti del procedimento stesso.

L'elemento centrale è costituito dalle previsioni relative ai mezzi di prova attraverso cui può essere dimostrato l'illecito professionale grave in relazione alle diverse fasi in cui si può trovare il procedimento penale e ai provvedimenti emanati in relazione a ciascuna fase. Occorre tuttavia partire dalle previsioni dell'articolo 98 che si riferiscono a ipotesi di illecito professionale relative a comportamenti penalmente rilevanti.

Sotto questo profilo vengono in considerazione le lettere g) e h) del comma 3. La prima ipotesi (lettera g) riguarda la contestata commissione da parte del concorrente – nelle persone fisiche sopra ricordate – dei reati indicati all'articolo 94, comma 1 (si tratta dei reati più sopra elencati che, qualora abbiano dato luogo a una sentenza definitiva di condanna, sono causa di esclusione automatica).In sostanza, qualora per tali reati sia intervenuta una sentenza definitiva di condanna, l'esclusione è automatica. In caso contrario, la pendenza del procedimento penale può essere valutata ai fini della configurabilità dell'illecito professionale grave e dell'eventuale conseguente esclusione (non automatica).

L'aspetto centrale ai fini che interessano è tuttavia costituito dai mezzi di prova indicati al comma 6, lettera g), definiti come adeguati ai fini di dimostrare la sussistenza di questa specifica ipotesi di illecito professionale grave. Tale previsione elenca: gli atti di cui all'articolo 407-bis, comma 1 del codice di procedura penale, che sono quelli con cui il giudice, a seguito della chiusura delle indagini preliminari, decide di esercitare l'azione penale; il decreto di rinvio a giudizio; eventuali provvedimenti cautelari reali o personali; la sentenza di condanna non definitiva; il decreto penale di condanna non irrevocabile; la sentenza non irrevocabile di applicazione della pena su richiesta (c.d. patteggiamento).

In sostanza tutti i mezzi di prova fanno riferimento a provvedimenti emanati dal giudice penale, ancorchè ognuno si collochi in una fase più o meno avanzata del procedimento penale: sentenza di condanna non definitiva, decreto penale di condanna non irrevocabile e sentenza non irrevocabile di patteggiamento evidenziano una fase più avanzata del procedimento; i provvedimenti cautelari si inseriscono in qualunque fase; mentre gli atti di esercizio dell'azione penale si collocano in un momento anteriore. Ciò che emerge è che comunque vi deve essere un provvedimento del giudice penale – sia pure di varia tipologia – che è l'effetto delle indagini poste in essere e ne cristallizza i risultati. Non è quindi sufficiente la semplice iscrizione nel registro degli indagati, atto che si pone a monte del procedimento e che non presuppone alcun tipo di accertamento da parte del giudice penale.

Come evidenziato anche nella delibera Anac, questa scelta nasce presumibilmente anche dalla necessità di coordinamento con quanto previsto dalla recente riforma Cartabia, che contiene una specifica disposizione (articolo 335- bis del codice di procedura penale) secondo cui l'iscrizione nel registro degli indagati non può da sola determinare effetti pregiudizievoli di natura civile o amministrativa nei confronti del soggetto che ne è colpito. Sotto questo profilo vi è quindi una netta inversione di tendenza rispetto al regime previgente. Nel Dlgs 50 l'iscrizione nel registro degli indagati costituiva un elemento che l'ente appaltante poteva prendere in considerazione ai fini di prefigurare il grave illecito professionale (con conseguente esclusione dalla gara).

Nel Dlgs 36 questa possibilità è preclusa, poiché tale iscrizione non è elencata tra i mezzi di prova dell'illecito professionale grave indicati dal legislatore.

Maggiormente delimitata è l'ipotesi della lettera h) del comma 3. La stessa fa riferimento alla commissione dei seguenti reati: abusivo esercizio della professione, bancarotta, reati tributari e delitti societari, reati urbanistici, reati previsti dal Dlgs 231/2001. Per questi reati è tuttavia necessario che sia intervenuto uno dei provvedimenti del giudice penale indicati come mezzi di prova dal comma 6, lettera h): sentenza di condanna definitiva o non definitiva, decreto penale di condanna irrevocabile, provvedimenti cautelari reali o personali.In sostanza, il procedimento penale deve essere ad uno stadio significativamente più avanzato rispetto all'ipotesi precedente. Va infine evidenziato che la presenza degli atti individuati come mezzi di prova è condizioni necessaria ma non sufficiente per procedere all'eventuale esclusione del concorrente in relazione all'illecito professionale grave.

L'articolo 99, comma 4 lascia infatti all'ente appaltante la valutazione in merito alla gravità dell'illecito, che va effettuata sulla base di un triplice criterio: il bene giuridico di cui si tratta e la lesione inferta dal comportamento criminoso, il tempo trascorso dalla commissione del fatto, le eventuali modifiche nel frattempo intervenute nell'organizzazione dell'impresa.Resta quindi un margine di discrezionalità in capo all'ente appaltante nel decidere se gli atti del procedimento penale indicati come mezzi di prova idonei comportino o meno l'esclusione del concorrente dalla gara per aver commesso un illecito professionale grave.

Conclusioni
Il tema degli effetti dei procedimenti penali in corso ai fini dell'esclusione dalle procedure di gara è per sua natura complesso. Si tratta di trovare un difficile equilibrio, tra la libertà di impresa, le garanzie delle persone fisiche coinvolte, le esigenze di tutela degli enti appaltanti e le ragioni di ordine pubblico. Il nuovo Codice cerca di perseguire questo equilibrio attraverso una limitazione della discrezionalità dell'ente appaltante, che passa per la tipizzazione della figura dell'illecito professionale grave e dei relativi mezzi di prova. Resta comunque il dato secondo cui anche provvedimenti non definitivi emanati dal giudice penale possono rilevare ai fini dell'esclusione dalla gara, e che la valutazione dell'incidenza di tali provvedimenti resta nella inevitabile discrezionalità dell'ente appaltante, per quanto circoscritta rispetto al passato.