Rotazione obbligatoria solo nel caso di continuità della prestazione nel tempo

Non è sufficiente il mero riaffido dell'appalto al vecchio aggiudicatario

Non è sufficiente il mero riaffido dell'appalto al vecchio aggiudicatario per invocare la violazione del criterio della rotazione, occorre una verifica sostanziale sulla tipologia delle prestazioni richieste che, succedendosi, devono porsi in un rapporto di continuità qualitativa. In questo senso, il chiarimento espresso dal Consiglio di Stato, sezione V, con la sentenza n. 8030/2020.

Il giudidice di Palazzo Spada è stato chiamato a ribadire l'ambito operativo del criterio della rotazione e quindi della necessità di assicurare alternanza negli affidamenti e negli inviti delle procedure d'appalto.La questione, nel caso di specie, è l'aspetto oggettivo dell'appalto in contestazione: la rotazione non deve essere intesa in senso assoluto ma tende ad impedire la "continuità" nel corso del tempo della prestazione e non impone alcun vincolo nel caso di commesse differenti.Qualificate oggettivamente dalla stazione appaltante.La particolarità del caso di specie è data dal succedersi di due accordi quadro, e quindi i contratti attuativi, (del 2016 e del 2019) il primo (prevalente) di lavori mentre il secondo di servizi .Al netto degli altri aspetti trattati, in sentenza si rammenta la rilevanza della rotazione come limite alla notevole discrezionalità del Rup nello strutturare le procedure semplificate a inviti, soprattutto nel caso in cui gli operatori da far competere vengano scelti discrezionalmente e non con avviso pubblico a "partecipazione" libera. Su cui, senza che venga snaturata la procedura, è possibile innestare l'estrazione a sorte (Tar Lazio, n. 13184/2020).

Il criterio dell'alternanza, quindi, come anche valorizzato nella legge 120/2020 tende a impedire la «formazione di rendite di posizione e persegue l'effettiva concorrenza» evitando «che il gestore uscente, forte della conoscenza della strutturazione del servizio da espletare acquisita nella precedente gestione, possa agevolmente prevalere sugli altri operatori economici pur se anch'essi chiamati dalla stazione appaltante a presentare offerta e, così, posti in competizione tra loro».

Per ritenersi violato il criterio in parola, però, non è sufficiente essere stato già aggiudicatario di una commessa occorre che tra il primo appalto – a prescindere da come sia stato aggiudicato – e il successivo, affidato con procedure semplificate non aperte, insista una continuità qualitativa delle prestazioni. Occorre, in definitiva, quella omogenità di prestazioni valorizzata dall'Anac con le linee guida n. 4.

In sentenza si rammenta che per valorizzare l'omessa rotazione occorre «identità (e continuità), nel corso del tempo, della prestazione principale o comunque – nel caso in cui non sia possibile individuare una chiara prevalenza delle diverse prestazioni dedotte in rapporto (tanto più se aventi contenuto tra loro non omogeneo) – che i successivi affidamenti abbiano comunque ad oggetto, in tutto o parte, queste ultime» (Consiglio di Stato, V, n. 1524 del 2019).

Nella successione dei due accordi quadro il dato prevalente (la prestazione prevalente) è profondamente cambiata visto che nel primo accordo la prestazione prevalente – dei contratti attuativi - era quella dei lavori, nel secondo caso di servizi. Differenziazione che ha trovato, evidentemente, adeguata "giustificazione nelle specifiche esigenze pubbliche considerate dall'Amministrazione nei provvedimenti sopra richiamati" e non un uso strumentale delle prerogative legislative.

Nel caso di specie, pertanto, si è registrata quella eccezione alla regola generale di applicabilità del principio di rotazione che la recente giurisprudenza ha identificato come «sostanziale alterità qualitativa (Cons. Stato, V, 27 aprile 2020, n. 2655)».