Crisi d'impresa, nel nuovo «Codice» resta il nodo degli appalti. L'Ance: «No ai furbetti del concordato»

 

PDFLo schema di Dlgs per il nuovo «Codice delle crisi di impresa»

Resta un’ampia possibilità di partecipare a gare e proseguire i contratti. Ance: «Bisogna chiarire che l’interesse primario è completare le opere»

Lo schema di Dlgs in materia di «Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza», approvato dal Consiglio dei ministri l’8 novembre, su delega del Parlamento nella passata legislatura con legge 155/2017, non sembra risolvere in modo chiaro il nodo della partecipazione alle gare d’appalto da parte delle imprese in «liquidazione giudiziale» (ex fallimento) o in concordato, né la prosecuzione da parte loro dei contratti pubblici in essere.
L’articolo 95 conferma la possibilità ammessa dalla legislazione vigente per l’impresa in concordato ma anche quella fallita autorizzata all’esercizio provvisorio, di continuare contratti e partecipare a gare, ma con una formulazione che secondo l’Ance, ma anche dell’avvocato Luca Leone, nostro collaboratore ed esperto del settore (si veda il servizio) lascia aperti due nodi: 1) non risolve il problema del coordinamento con il Codice appalti, l’articolo 110 del Dlgs 50/2016, ambiguità e incertezze applicative già sottolineate dall’Anac nella bozze di linee guida mai approvate in modo definitivo (si veda); 2) non mette paletti all’utilizzo disinvolto del concordato in bianco, per bloccare i creditori e poi continuare a partecipare alle gare.

Il nodo infatti è questo. Come spiegano bene le premesse delle Linee guida Anac (si veda), dal 2012 in poi, con la riforma del concordato preventivo in continuità, si è ammessa la partecipazione delle imprese in concordato alle gare d’appalto pubbliche, prima vietata, e con il Codice 2016 tale possibilità è stata allargata anche alle imprese fallite autorizzate all’esercizio provvisorio. 
Tuttavia la crisi delle costruzioni e il pesante coinvolgimento anche di imprese medie e grandi attive ha fatto emergere una serie di problemi nel settore dei lavori pubblici, con imprese che si rifugiano nel concordato in bianco per proteggersi dai creditori (comprese le imprese subaffidatarie, i fornitori o le imprese in Ati) continuando a partecipare alle gare, e dall’altra parte con i rallentamenti o i blocchi dei cantieri che vedono coinvolti le imprese in crisi.

Sempre di più negli ultimi mesi l’Ance e i sindacati hanno cominciato a osservare che tirare alle lunghe le procedure di crisi aziendale e nel frattempo bloccare i cantieri non sono davvero una soluzione che salva la continuità aziendale e l’occupazione.

Da questo punto di vista l’Ance apprezza la riduzione dei tempi della procedura di concordato in bianco: in particolare, il termine per la presentazione della proposta di concordato e del piano viene fissato tra i trenta ed i sessanta giorni (prorogabile di ulteriori sessanta giorni), con una forte riduzione rispetto alle tempistiche attuali (tra i sessanta e i centoventi giorni, prorogabili di altri sessanta – art.161 legge fallimentare).

Tuttavia sui lavori pubblici l’Ance chiede importanti modifiche: «Occorre porre rimedio ad una diffusa mancanza di armonizzazione tra le previsioni specifiche in tema di crisi aziendali con quelle del Codice dei contratti sul medesimo tema, al fine di tutelare l'interesse pubblico superiore al completamento delle opere».
L’Ance si schiera cioè a favore della continuità dei cantieri e della parità di concorrrenza sul mercato, anche a scapito della continuità aziendale a tutti i costi (no gare nel concordato, salvo eccezioni), e a tutela delle altre imprese coinvolte, come le mandanti nelle Ati.
Vediamo in dettaglio le proposte Ance:
«1) anche prima dell'adozione del Decreto legislativo, occorre eliminare la possibilità di far partecipare alle gare imprese fallite o in concordato in continuità (con l'eccezione dell'ipotesi in cui sia stato presentato, ai fini dell'ammissione alla continuità, un piano di rientro che preveda la soddisfazione di ciascun credito chirografario nella misura minima del 50%, nonché l'ottemperanza al divieto di cessione del ramo d'azienda relativo al contratto d'appalto) o in amministrazione straordinaria, la cui presenza altera una sana concorrenza nel mercato;
2) occorre tutelare, nei raggruppamenti di imprese, la posizione delle mandanti nei confronti delle mandatarie in crisi. In particolare, occorre prevedere che i crediti maturati dalla mandante nei confronti della stazione appaltante e riscossi dalla mandataria - o dalla consortile - in virtù del rapporto di mandato, non confluiscono nel passivo fallimentare, né si confondono con il patrimonio della mandataria. I pagamenti successivi all'assoggettamento della mandataria alla procedura dovrebbero avvenire direttamente in capo alle mandanti; 
3) nei raggruppamenti, nel caso di costituzione di una società consortile a valle, occorre prevedere che la restituzione al curatore dei finanziamenti effettuati alla suddetta società da parte delle imprese dell'ATI avvenga solo dopo il completamento dell'opera ed il pagamento dei creditori della società consortile; 
4) occorre prevedere che, ove ricorrano reiterati e significativi ritardi nei pagamenti della mandataria nei confronti delle mandanti, anche nella fase di allerta e composizione assistita, accertate dalla stazione appaltante, per il contratto di appalto in corso, si provvede al pagamento diretto alle mandanti, dell'importo dovuto per le prestazioni dalle stesse eseguite».