Appalti, l'esclusione dell'impresa dalle gare per tre anni decorre dalla data di accertamento del fatto

 La regola sulla rilevanza temporale è stata chiarita dalla Corte di giustizia europea nella recente sentenza pubblicata il 24 ottobre

 

 

Il triennio di esclusione dalle gare d'appalto decorre dalla data di accertamento definitivo del fatto. A chiarire la regola della rilevanza temporale, è la Corte di giustizia con la sentenza del 24 ottobre 2018, nella causa C-124/17 che, sebbene sia sorta nell'ambito di una controversia tedesca, fornisce indicazioni importanti sulle situazioni escludenti, come quella degli accordi anticoncorrenziali, qualificati dalle linee-guida Anac n.6 come gravi illeciti professionali, ai sensi dell'articolo 80, comma 5, lettera c), del Codice.


Il caso
Al vaglio della Corte Ue, è stato portato il caso di un'impresa esclusa da un sistema di qualificazione nel settore della fornitura di materiale ferroviario, a causa di un'ammenda che le era stata inflitta, nel 2016, dall'Autorità garante della concorrenza tedesca per aver aderito, cinque anni prima, ad un accordo collusivo denominato “intesa del binario”.
Dinanzi alla sussistenza di questo motivo ostativo, la stazione appaltante aveva espresso i suoi dubbi sull'affidabilità dell'impresa, e aveva chiesto chiarimenti a tal riguardo. A seguito della richiesta, l'impresa aveva dimostrato di avere adottato vari provvedimenti di ravvedimento operoso - sia a livello organizzativo, sia a livello di personale - a testimonianza del fatto che, in futuro, non si sarebbero verificate altre intese illecite; ma, al tempo stesso, si era rifiutata di produrre la decisione con cui l'Antitrust le aveva inflitto l'ammenda, sul presupposto che la collaborazione mostrata nei confronti di tale Autorità fosse già di per sé sufficiente a provare il ravvedimento operoso.
Pertanto, non avendo potuto esaminare il provvedimento, la stazione appaltante ha dichiarato l'esclusione dell'impresa dal sistema di qualificazione, che veniva poi contestata con ricorso al giudice amministrativo, sulla base di una duplice motivazione: a) l'articolo 57, paragrafo 6, della direttiva 2014/24/Ue - in merito alla disciplina delle misure di self cleaning - prevede soltanto una collaborazione con le autorità investigative, e non anche con l'amministrazione, come stabilito invece dal diritto tedesco; b) l'esclusione è in ogni caso limitata ad un periodo massimo di tre anni dalla data del fatto.

I quesiti posti alla Corte
Quattro, le questioni su cui viene interrogata la Corte. Con le prime due, i giudici tedeschi hanno chiesto di accertare la compatibilità con il diritto comunitario di una disposizione nazionale che include, tra le misure di self cleaning, l'aver chiarito fatti e le circostanze in modo globale collaborando attivamente non solo con le autorità investigative - come prevede la direttiva 2014/24/Ue - ma anche con l'amministrazione aggiudicatrice; e, in caso di risposta negativa, se l'impresa è comunque tenuta a chiarire i fatti nei confronti della P.a. per consentirle di valutare l'idoneità dei provvedimenti operosi adottati. Con la terza e la quarta questione, la Corte viene invece investita, da un lato, del profilo della decorrenza del triennio di esclusione da individuare nel momento dell'accadimento storico del fatto ostativo, oppure della sua piena conoscenza acquista dalla P.a.; e, dall'altro lato, del problema della rilevanza del fatto stesso, da intendersi come cessazione dalla partecipazione all'intesa, piuttosto che - ancora una volta - come piena conoscenza, da parte della P.a., della partecipazione dell'impresa all'accordo anticoncorrenziale.

La decisione della Corte
Con riferimento alle prime due questioni, la Corte è dell'avviso che la P.a. debba basarsi in linea di massima sull'esito delle procedure finalizzate a perseguire certe violazioni ed affidate, proprio per tale motivo, a particolari organismi come l'Antitrust, che sono incaricati di effettuare indagini al riguardo. In questo senso, infatti, le amministrazioni aggiudicatrici sono chiamate a valutare i rischi cui potrebbero esposte aggiudicando un appalto ad un offerente dalla dubbia integrità; mentre, le autorità investigative hanno il compito di stabilire la responsabilità di determinati agenti nel commettere violazioni di norme, e di punire i loro eventuali comportamenti illeciti. Tuttavia - specifica la Corte - l'operatore economico che intende dimostrare la sua affidabilità, nonostante l'esistenza di un motivo di esclusione, deve cooperare con entrambe le autorità, siano esse amministrazioni aggiudicatrici o autorità investigative, a condizione che le funzioni di ognuna siano esercitate entro i rispettivi limiti: ragion per cui, la P.a. deve essere in grado di chiedere ad un'impresa, che è stata riconosciuta responsabile di una violazione al diritto della concorrenza, di fornire la decisione che lo riguarda; e la stessa impresa, non può dispensarsi dal produrre queste informazioni per il semplice fatto che le prove della sua collaborazione sono già state richieste dall'Antitrust nel corso della propria indagine.

Con riguardo alla terza e alla quarta questione, la Corte ha invece affermato che, nel caso di un accordo anticoncorrenziale sanzionato da un'autorità, il triennio di esclusione dalle gare deve essere calcolato con decorrenza dalla data della decisione di tale autorità. Da questo punto di vista, i giudici di Strasburgo hanno preso infatti atto della circostanza che l'articolo 57, paragrafo 7, della direttiva 2014/24/Ue non precisa né la natura del fatto, né il momento in cui esso si verifica, limitandosi a stabilire solo la durata del periodo di esclusione pari a cinque anni dalla condanna definitiva, per i motivi obbligatori di esclusione, e a tre anni dalla data del fatto, per tutte le restanti ipotesi. Quindi, per ragioni di coerenza, è stata estesa la regola della decorrenza del triennio dalla data dei provvedimenti definitivi anche per le decisioni Antitrust, che servono, tra l'altro, a qualificare un comportamento restrittivo della concorrenza come fatto ostativo alla contrattazione con la P.a.

I possibili riflessi sulla disciplina italiana
In linea generale, la decisione della Corte sembra offrire un contributo interpretativo a diversi dubbi sorti nell'applicazione dell'articolo 80 del Codice e delle linee guida Anac n.6, considerato peraltro che, su questi stessi profili, sono ad oggi quattro le ordinanze di rimessione formulate dal giudice italiano in attesa di definizione (Tar Campania, Napoli, sez. IV, 3 dicembre 2017, n. 5893; Consiglio di Stato, sez. V, 3 maggio 2018, n. 2639; Tar Piemonte, Torino, sez. I, 21 giugno 2018, n. 770; Consiglio di Stato, sez. V, 23 agosto 2018, n. 5033). Nel nostro ordinamento, il caso dell'esclusione determinata da accordi anticoncorrenziali non è stato inserito direttamente nell'elenco delle ipotesi formulate dall'articolo 80, comma 4, del d.lgs. n. 50/2016, ma è stato qualificato come grave illecito professionale dalle linee-guida n. 6, le quali si riferiscono anche ai «provvedimenti esecutivi dell'Agcm di condanna per pratiche commerciali scorrette o per illeciti antitrust gravi aventi effetti sulla contrattualistica pubblica e posti in essere nel medesimo mercato oggetto del contratto da affidare».

LINEE GUIDA ANAC N.6 SULL’ESCLUSIONE DELLE IMPRESE

In questo senso, la pronuncia dei giudici comunitari potrebbe pertanto essere di ausilio alle stazioni appaltanti nella operazioni di valutazione delle misure di self cleaning che debbono essere compiute prima di procedere all'esclusione di un concorrente a carico del quale sia stato accertato un illecito antitrust. Ma, la sentenza della Corte appare di particolare rilievo soprattutto in merito al profilo della rilevanza temporale delle cause di esclusione, dal momento che conferma la decisione che era già stata assunta al riguardo sia dal legislatore con la modifica dell'articolo 80, comma 10, del Codice, sia dall'Anac con le linee-guida n. 6, che fanno decorrere il termine triennale dalla data dell'accertamento del fatto, laddove non sia intervenuta una sentenza di condanna, e non dalla data del fatto stesso, come prevede invece la disciplina comunitaria.