Codice appalti, l'Europa ancora contro l'Italia sui pagamenti della Pa (in attesa del verdetto della Corte di giustizia Ue)

 La commissione ha inviato un parere motivato all'Italia per la norma, introdotta dal correttivo appalti del 2017, che allunga i tempi di pagamento alle imprese

La procedura aperta da Bruxelles nei confronti dell'Italia per il mancato rispetto delle norme comunitarie sui tempi di pagamento si alza di livello. Quasi un anno fa (il 13 luglio 2017) la Commissione aveva messo in mora l'Italia per una norma introdotta nel codice appalti, attraverso il correttivo di maggio 2017, che allungava di 15 giorni i tempi di pagamento (si veda oltre). In mancanza di provvedimenti o spiegazioni soddisfacenti, il 7 giugno scorso la Commissione ha fatto il passo successivo, inviando un «parere motivato all'Italia in quanto il suo diritto nazionale non è conforme alla direttiva sui ritardi di pagamento (direttiva 2011/7/UE)». Oltre questa fase - in mancanza di un passo indietro del Paese in questione - scatta il deferimento alla Corte di giustizia, che per l'Italia è il secondo sul ritardo dei pagamenti. Con il verdetto di condanna arrivano le sanzioni, da pagare sul pregresso e per ogni giorno di ritardo nel mettersi in regola.

La seconda procedura per l'Italia 
Sui ritardati pagamenti delle imprese l'Italia è recidiva. La procedura avviata nel 2017 è infatti la seconda, dopo quella aperta nel 2014. In quell'occasione, la Commissione ha contestato all'Italia il mancato adeguamento alle norme comunitarie sui limiti massimi di tempo per liquidare fatture e sal (stato avanzamento lavori). La messa in mora avviata nel 2014 è proseguita lungo tutti i tre gradi di giudizio previsti da Bruxelles. Lo scorso dicembre l'Italia è stata deferita alla Corte di Giustizia. Il giudizio, stando ai tempi medi finora dimostrati dai giudici, è atteso tra la fine di quest'anno e l'inizio del 2019. Il giudizio di condanna appare scontato, con l'obbligo di pagare una sanzione sul pregresso, più una sanzione da conteggiare per ogni giorno di ritardo nel mettersi in regola. 

IL DEFERIMENTO DELL'ITALIA ALLA CORTE UE (DICEMBRE 2017) 

Il faro di Bruxelles sull'articolo 113-bis del codice appalti
La seconda procedura avviata l'anno scorso riguarda un punto specifico del codice dei contratti, "novellato" dal correttivo appalti in vigore dal 20 maggio 2017, poi parzialmente modificato dalla successiva legge di Bilancio, in vigore dal 1° gennaio 2018. Ma andiamo con ordine. 
La norma del correttivo introdotta nel codice all'articolo 113-bis (in vigore dal 20 maggio 2017) prevedeva un termine massimo di 45 giorni per l'emissione del certificato di pagamento a partire dall'adozione dello stato avanzamento lavori. Se si considera che il termine per l'adozione del Sal è di 30 giorni, si arriva a un tempo di 75 giorni tra l'emissione del sal e quella del certificato di pagamento. Termine che supera i 30-60 giorni indicato dalla direttiva europea sui pagamenti, in vigore in Italia dal primo febbraio 2013. 

LA PRIMA MESSA IN MORA DELL'ITALIA (LUGLIO 2017) 

La Commissione europea si è mossa proprio per questo mancato rispetto alla direttiva Ue. Dopo la messa in mora, il nostro paese ha cercato di rimediare. La legge di Bilancio ha modificato l'articolo incriminato eliminando il termine di 45 giorni e sostituendolo con una formula un po' più ambigua. Il nuovo testo in vigore dal 1° gennaio 2018 dice che «i certificati di pagamento (...) sono emessi nel termine di trenta giorni decorrenti dall'adozione di ogni stato di avanzamento dei lavori, salvo che sia diversamente ed espressamente concordato dalle parti e previsto nella documentazione di gara e purché ciò non sia gravemente iniquo per il creditore». Quest'ultima frase deve essere evidentemente stata interpretata da Bruxelles come una scappatoia formale ai termini imposti dalle regole europee. È appunto per questo che la scorsa settimana, la Commissione, invece di fare marcia indietro è andata avanti, aumentando il pressing sull'Italia. Nel frattempo, però, il governo è cambiato, e spetterà al nuovo titolare di Porta Pia proseguire il dialogo con i tecnici di Bruxelles. Peraltro, il codice appalti è già sul tavolo operatorio per operazioni di maquillage che si annunciano di portata ben più ampia dell'articolo 113-bis.

IL PARERE MOTIVATO INVIATO ALL'ITALIA (GIUGNO 2018) 

Il ritardo - cronico - dei pagamenti alle imprese 
Se si esce dal campo delle norme e si entra nell'economia reale, si scopre che il ritardo dei pagamenti è un tema tutt'altro che risolto, anche se - come fa notare l'associazione dei costruttori - mostra un miglioramento rispetto a cinque anni fa. 
La recente iniziativa di Bruxelles è accolta con soddisfazione dall'Ance, che è stata tra le prime a denunciare il problema dei ritardati pagamenti - sia nei confronti di governo e Parlamento italiani, sia nei confronti delle istituzioni di Bruxelles - e a stimarne anche le notevoli dimensioni economiche. L'associazione continua a monitorare la situazione anche perché conserva il ruolo di "rapporteur" nei confronti della Commissione Ue sull'attuazione della direttiva pagamenti (incarico che gli è stato affidato nel febbraio 2013 dall'allora vicepresidente Antonio Tajani). 
Secondo l'ultima rilevazione dell'Ance - riferita al secondo semestre 2017 - le imprese di costruzione continuano a essere pagate con un ritardo di circa tre mesi (esattamente 84 giorni), oltre i 60 giorni canonici. La buona notizia è che si tratta di un miglioramento rispetto ai tempi di pagamento che, nel periodo di massima crisi - tra il 2011 e il 2013 - avevano superato gli otto mesi. Quanto ai soldi, sempre l'Ance stima che le imprese devono ancora incassare tra i 6 e i 7 miliardi di euro da vari committenti pubblici, soprattutto di livello locale.