-27 marzo 2017- Il decreto correttivo reintroduce la norma sullo scorporo del costo del personale nonostante le perplessità  della giurisprudenza e della prassi
Il decreto correttivo reintroduce, tra le tantissime previsioni di modifica del codice, anche la questione dello scorporo del costo della manodopera “dal costo dell’importo assoggettato al ribasso d’asta”.
Il decreto correttivo reintroduce, tra le tantissime previsioni di modifica del codice, anche la questione dello scorporo del costo della manodopera “dal costo dell’importo assoggettato al ribasso d'asta”.
Pur evidenti e legittime le finalità della disposizione non può però non rammentarsi le complicanze interpretative/applicative delle omologhe pregresse previsioni che affrontavano la stessa sostanziale questione di assicurare che gli affidamenti dei contratti pubblici avvengano nell’assoluto rispetto degli obblighi prescritti per la tutela dei diritti (retributivi e contributivi) dei lavoratori impiegati nell’esecuzione delle commesse pubbliche.
In questo senso, tanta giurisprudenza pregressa che, in modo univoco con la stessa ANAC hanno evidenziato la sostanziale inapplicabilità delle precedenti disposizioni dirette ad imporre uno scorporo del costo del personale, dapprima a prescindere dal criterio di aggiudicazione utilizzato, e poi nella seconda – comunque infelice – versione limitata al solo caso di aggiudicazione con il criterio del minor prezzo.
Nonostante quindi le continue sottolineature tese ad affermare l’inapplicabilità della norma e, al contempo, la riaffermazione che l’unico modus utilizzabile per verificare la congruità dell’offerta anche in relazione ai costi del personale rimane il procedimento di verifica sulla potenziale anomalia, il legislatore torna sulla questione prevedendo una sostanziale omologa previsione rispetto alle esperienze normative pregresse espunte.
La modifica
Il reinnesto della disposizione è previsto dall’articolo 10, comma 1, lett. h) del decreto correttivo ed interessa il comma 16 dell’articolo 23 del codice degli appalti.
La disposizione prevede l’inserimento nell’attuale comma di due differenti periodi, rispettivamente un terzo ed un quarto nuovo inciso.
Quello che interessa, ai fini delle considerazioni, è proprio quest’ultimo.
Sotto, come di consueto, si riporta l’attuale testo e gli innesti previsti.
Comma 16, art. 23 del codice degli appalti |
Art. 10, comma 1, lett. h) del decreto correttivo che modifica l’articolo 23 del codice degli appalti |
16. Per i contratti relativi a lavori, servizi e forniture, il costo del lavoro è determinato annualmente, in apposite tabelle, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico più vicino a quello preso in considerazione. Fino all'adozione delle tabelle di cui al presente comma, si applica l'articolo 216, comma 4. |
al comma 16, dopo il secondo periodo sono inseriti i seguenti: " Per i contratti relativi a lavori il costo dei materiali da costruzione e degli impianti è determinato sulla base dei prezziari regionali aggiornati annualmente. Tali prezzari cessano di avere validità il 31 dicembre di ogni anno e possono essere transitoriamente utilizzati fino al 30 giugno dell'anno successivo, per i progetti a base di gara la cui approvazione sia intervenuta entro tale data." ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Il costo della manodopera e i costi della sicurezza sono scorporati dal costo dell’importo assoggettato al ribasso d'asta.". |
Alla luce di quanto la nuova previsione, completa degli innesti dovrebbe essere la seguente (in grassetto le previste modifiche):
“Per i contratti relativi a lavori, servizi e forniture, il costo del lavoro è determinato annualmente, in apposite tabelle, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico più vicino a quello preso in considerazione. Per i contratti relativi a lavori il costo dei materiali da costruzione e degli impianti è determinato sulla base dei prezziari regionali aggiornati annualmente. Tali prezzari cessano di avere validità il 31 dicembre di ogni anno e possono essere transitoriamente utilizzati fino al 30 giugno dell'anno successivo, per i progetti a base di gara la cui approvazione sia intervenuta entro tale data. Il costo della manodopera e i costi della sicurezza sono scorporati dal costo dell’importo assoggettato al ribasso d'asta. Fino all'adozione delle tabelle di cui al presente comma, si applica l'articolo 216, comma 4”.
Il comma non appare molto diverso dal pregresso contenuto nel comma 3-bis dell’art. 81, in materia di offerta economicamente più vantaggiosa che risultava così formulato “L’offerta migliore è altresì determinata al netto delle spese relative al costo del personale, valutato sulla base dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, e delle misure di adempimento alle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”.
La norma è stata abrogata con la legge 214/2011 e ribadita – con impressionate aggravio applicativo – con il cd decreto del fare (convertito con legge 98/2013) per i soli appalti da aggiudicarsi al ribasso.
Il comma innestato nell’articolo 82, comma 3-bis del pregresso codice infatti disponeva che “il prezzo più basso è determinato al netto delle spese relative al costo del personale, valutato sulla base dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, delle voci retributive previste dalla contrattazione integrativa di secondo livello e delle misure di adempimento alle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”.
Le difficoltà applicative
Le difficoltà applicative, sono state immediatamente segnalate con atto dell’AVCP n. 2/2014 in cui, pur condividendo la finalità in quanto “una simile impostazione” (nda privilegiare l’innesto negli appalti da aggiudicarsi al ribasso) poteva “ritenersi coerente, (…) con il maggiore rischio di “stress” competitivo cui potrebbe, verosimilmente, essere esposto il costo del personale nelle gare da aggiudicarsi al prezzo più basso”, rilevava le difficoltà applicative di una disposizione che imponeva “per la determinazione del costo del personale” di “tener conto, non solo dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”, ma anche “delle voci retributive previste dalla contrattazione integrativa di secondo livello, nella quale dovrebbero rientrare sia la contrattazione territoriale sia la contrattazione aziendale”.
Da qui, una serie di considerazioni negative riprese da diversa giurisprudenza tutte tese a sottolinearne la sostanziale inapplicabilità.
La circostanza che il previsto inciso sia riferito al solo “costo della manodopera” e non anche ai vari riferimenti delle previsione pregresse non sembra cambiare la sostanza del problema lasciando inalterate le difficoltà operative ed anzi, forse, alimentando (o comunque lasciandola inalterata), il rischio di una insana competizione tra imprese nel tentativo di comprimere i costi dell’offerta presentata complicando i controlli della stazione appaltante.
Con l’atto di segnalazione, l’authority rilevava criticità applicative sia nell’ipotesi in cui la norma dovesse interpretarsi come un obbligo dell’appaltatore di presentare un prezzo al netto del costo del personale evidenziando come in questo caso fosse evidente “che un’applicazione della norma in questi termini avrebbe un effetto totalmente distorsivo sulle gare d’appalto. L’aggiudicazione, infatti, dovrebbe avvenire sulla base di un ribasso offerto relativamente a quote di prezzo differenti, derivanti dalla diversità delle stesse, a seguito dello scorporo delle somme relative agli oneri derivanti dal costo del personale, oltre che delle misure di sicurezza. In questo caso, quindi, lo strumento per verificare il rispetto della normativa sul costo del personale” era (ed è) “è individuabile nell’istituto della verifica di congruità dell’offerta”.
Problemi, però, poneva anche la restante interpretazione di una determinazione ex ante da parte del RUP delle stazioni appaltanti – e quindi già nel bando di gara/lettera di invito - dei costi del personale non comprimibili.
Tale orientamento, secondo l’autorità anticorruzione finiva per scontare le criticità evidenziate anche nella Nota di Lettura n. 13 del 2013 della Camera dei Deputati “A.S. 974: “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia”. In questa, a pag. 104 infatti si leggeva che “Al riguardo, per i profili di stretta competenza, si rileva che l'esclusione di fatto dalla determinazione del prezzo più basso di alcuni fattori di costo, sembra ridurre i potenziali spazi di contenimento dei prezzi di aggiudicazione degli appalti, con possibili riflessi sui saldi di finanza”.
A queste seguiva l’elencazione di ben 9 aspetti specifici di criticità a seconda dell’interpretazione utilizzata, dalla estrema difficoltà (“in certi casi impossibilità”) della stazione appaltante di una determinazione di tali costi ex ante, fino alla sconsolante costatazione dell’inapplicabilità della norma neppure se a fare tale scorporo – come testualmente emergeva (ed emerge) dalla norma - dovesse procedere direttamente lo stesso appaltatore “stante l’impossibilità di valutare le offerte sulla base di componenti non omogenee ed uniformi, se si rimettesse alla libera decisione dei concorrenti lo scorporo del costo del personale”.
La giurisprudenza
Le valutazioni negative (fino ad affermare l’inapplicabilità delle pregresse previsioni in tema di scorporo dei costi del personale) sono state molteplici nella stessa giurisprudenza e si possono riportare – di seguito – almeno le più recenti.
In questo senso, il Tar Piemonte, Torino, sez. I, sentenza n. 250/2015, in cui al consueto rilievo del ricorrente che impugnava l’intervenuta aggiudicazione per mancato “scorporo del costo del personale”, il collegio replicava – respingendo le doglianze - “che l’applicazione della norma ha dato luogo a rilevanti problemi applicativi, così com’era già avvenuto per l’analogo art. 81 comma 3-bis dettato in materia di offerta economicamente più vantaggiosa, successivamente abrogato dall’art. 44 del d.l. 6 dicembre 2011 n. 201, convertito con modificazione dalla l. 22 dicembre 2011 n. 214 proprio a causa di tali problemi applicativi”.
In particolare, l’inciso “al netto delle spese relative al costo del personale”, ove interpretato in senso letterale, “e cioè come espressivo della necessità di valutare il prezzo offerto dai concorrenti scorporando il costo del personale dal resto delle voci indicate in offerta, produce, a seconda dei casi, o effetti distorsivi sulle gare d’appalto, oppure un’indebita compressione dell’autonomia imprenditoriale dei concorrenti da parte dell’amministrazione appaltante”.
Proseguendo, in sentenza si legge che le conseguenze dell’interpretazione letterale della norma in esame sono state approfondite e chiaramente esplicitate, sia nel documento ITACA (Istituto per la Trasparenza degli Appalti e la Compatibilità Ambientale) del 19 settembre 2013, recante le “Prima indicazioni per l’applicazione delle modificazioni introdotte all’art. 82 del Codice dei Contratti Pubblici dalla Legge 9 agosto 2013, n. 98 di conversione del D.L. 69/2013”; sia nel successivo Atto di Segnalazione n. 2 del 19 marzo 2014 dell’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici (di cui si è appena detto), ed in entrambi documenti si è evidenziata l’incongruità di un’interpretazione letterale della norma che implichi lo scorporo del costo del personale dall’importo del prezzo offerto ai fini della valutazione in gara del prezzo più basso, e ciò in quanto:
a) se lo scorporo venisse effettuato “a monte” dalla stazione appaltante, determinando ex ante nel bando di gara il costo del personale per sottrarli al confronto competitivo, si determinerebbero plurime criticità, in particolare quella connessa alla difficoltà e, in certi casi, all’impossibilità per la stazione appaltante di conoscere l’effettivo costo del personale della singola azienda, il quale dipende, oltre che dal costo orario, anche dal tempo di impiego del personale, dalla natura della prestazione e dalla organizzazione della singola impresa: sicchè, in definitiva, la predeterminazione del costo complessivo del servizio da parte della stazione appaltante rischierebbe di diventare, o un sovrapprezzo erogato all’aggiudicatario (laddove il costo predeterminato nel bando fosse superiore a quello concretamente sopportato dall’impresa), ovvero una penalizzazione (nel’ipotesi inversa);
b) se invece lo scorporo dovesse essere effettuato in sede di valutazione dell’offerta, decurtando dal prezzo complessivo offerto dal concorrente l’importo corrispondente al costo del personale e agli oneri della sicurezza aziendale, si determinerebbe un effetto totalmente distorsivo sulla procedura di gara, dal momento che l’aggiudicazione dovrebbe avvenire sulla base di un ribasso offerto relativamente a quote di prezzo differenti, derivanti dalla diversità delle stesse, a seguito dello scorporo delle somme relative agli oneri del costo del personale e agli oneri della sicurezza aziendale. In quest’ultima ipotesi si produrrebbero, altresì, ulteriori effetti distorsivi sulla procedura di gara, in quanto il criterio adottato:
- potrebbe condurre ad aggiudicare la gara a favore di un’offerta più onerosa di altre, che finirebbe per risultare la più bassa solo per il fatto di aver esposto un maggior costo del personale;
- potrebbe condurre conseguentemente a preferire imprese meno efficienti e meno organizzate di altre, ossia imprese onerate da un personale sovrabbondante o che pagano volontariamente costi esorbitanti per il personale;
- potrebbe favorire strategie distorsive consistenti nell’esporre in offerta costi del personale esorbitanti al solo fine di ridurre artificiosamente, attraverso il meccanismo dello scorporo, l’importo valutabile dell’offerta.
Ciò imponeva – secondo la giurisprudenza (e si anticipa è il caso di dire imporrà la stessa nuova disposizione) un’interpretazione sostanziale e logico-sistematica della stessa.
In tale prospettiva, la sezione annota che “la norma” poteva “essere letta come diretta ad affermare l’obbligo per le stazioni appaltanti di accertare la congruità delle offerte sulla base della verifica della compatibilità delle scelte organizzative effettuate dal concorrente con la normativa concernente i minimi salariali contrattuali della manodopera. Conseguentemente, il ribasso offerto può essere giustificato, in fase di verifica dell’anomalia dell’offerta, da una organizzazione imprenditoriale più efficiente e dall’impiego di attrezzature che rendano il lavoro della manodopera più produttiva, ma tutelando nel contempo il costo del personale. Secondo quest’ottica interpretativa, la norma in questione non intende sottrarre la componente del costo della manodopera alla quantificazione della base d’asta e al confronto concorrenziale, ma si limita a fissare delle regole da seguire in sede di sub-procedimento per la verifica di congruità dell’offerta”.
A questo precisazione seguono quelle altrettanto chiare del Tar Veneto, Venezia, sez. I, sentenza n. 704/2015 in cui si puntualizza che l’interpretazione da scegliere è quella di una lettura sistematica della disposizione, secondo cui la norma sarebbe impositiva dell’obbligo, “per le stazioni appaltanti, di accertare la congruità delle offerte sulla base della verifica della compatibilità delle scelte organizzative effettuate dal concorrente con la normativa concernente i minimi salariali contrattuali della manodopera» (T.A.R. per la Puglia, Sede di Lecce, Sez. III, n. 140 del 25 gennaio 2012, confermata da Consiglio di Stato, Sez. V, n. 32 del 2015)”.
Il ricondurre la valutazione del costo di lavoro nell’appropriata sede della verifica di congruità dell’offerta consente alla stazione appaltante di scegliere la reale offerta più bassa, sulla base delle giustificazioni offerte dall’operatore economico dalle quali emerga un’organizzazione imprenditoriale più efficiente, ferma rimanendo l’inammissibilità “di giustificazioni in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge» ex art. 87, comma 3, del d.lgs. n. 163 del 2006”.
In modo identico, il Tar Lombardia, Milano, sez. IV, sentenza 1021/2015 secondo cui tale “assunto risulta confermato anche dal giudice di secondo grado (nda Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 32/2015), il quale, seppure in relazione al comma 3-bis dell’art. 81, ha affermato che: “l'interpretazione del comma 3-bis anzidetto data dal giudice di primo grado risulta identica nella sostanza a quella fornita dall'Autorità di vigilanza dei contratti pubblici (AVCP) nel proprio Documento di Consultazione "Prime indicazioni: tassatività delle clausole di esclusione e costo del lavoro", laddove segnatamente si legge quanto segue; ossia che il comma 3-bis surriferito deve essere interpretato nel senso di "sancire l'obbligo di effettuare la verifica di congruità del costo del lavoro su due piani: una prima fase consistente nella verifica della produttività presentata dal ricorrente; una seconda fase consistente nella verifica del livello e del numero del personale necessario per garantire la produttività presentata e nella verifica dei corrispondenti minimi salariali previsti nella giustificazione. Tale verifica andrebbe fatta sempre sull'aggiudicatario anche nel caso la gara si sia svolta con la procedura dell'esclusione automatica".
Tra le più recenti, il Tar Sicilia, Catania, sez. I, sentenza n. 1607/2016 ed il Tar Lazio, Roma, sez. II-ter, sentenza n. 4903/2016.
Un orientamento granitico, pertanto, che dovrebbe indurre il legislatore ha eliminare la prevista reintroduzione della norma.