Gare, ok al concorrente iscritto alla Ccia per un'attività  simile ma non coincidente all'appalto

 Consiglio di Stato: se dimostra di operare nel settore economico nel quale rientra il contratto e di possedere gli altri requisiti

 Il Consiglio di Stato, con la sentenza 529/2023, ha statuito che è illegittima l'esclusione dalla gara del concorrente che, pur non iscritto al registro della Camera di commercio per una attività coincidente con l'oggetto del contratto, abbia dimostrato di operare nel settore economico nel quale rientra l'appalto e di possedere gli altri requisiti di selezione della capacità tecnica e professionale richiesti dal bando. Ciò perché la funzione dell'iscrizione camerale non è verificare la capacità tecnico professionale dei concorrenti, ma accertarne l'idoneità professionale, in modo da consentire partecipazione alla gara ai soli operatori economici forniti di competenze coerenti con le prestazioni oggetto dell'appalto (in tal senso Cons. Stato, 8 novembre 2017, n. 5170; Cons. Stato, sez. V, 25 luglio 2019, n. 5257).

Di conseguenza la coerenza tra le attività indicate nell'iscrizione alla Camera di Commercio e quelle da affidare tramite la procedura impone esclusivamente una valutazione complessiva di compatibilità in senso lato, e non può, invece, essere intesa nel senso di «una perfetta e assoluta sovrapponibilità», in modo da ammettere alla gara i soli operatori che dimostrino di svolgere attività «pienamente speculare, se non identico, rispetto a tutti i contenuti del servizio da affidarsi» (cfr. Cons. Stato, III, 8 novembre 2017, n. 5170, 10 novembre 2017, n. 5182; V, 7 febbraio 2018, n. 796, Cons. Stato, 15 novembre 2019, n. 7846).

Una simile restrizione della platea dei partecipanti alle gare pubbliche, infatti, oltre a contrastare palesemente con i principi della massima partecipazione e concorrenzialità, non sarebbe neppure funzionale al perseguimento dell'interesse pubblico alla selezione del concorrente più qualificato.Ciò perché il requisito dell'iscrizione camerale, di cui all'art. 83, c.1, del Codice dei contratti pubblici assolve alla funzione di «assicurare l'accesso al mercato anche ai concorrenti per i quali è possibile pervenire ad un giudizio di globale affidabilità professionale» e, di conseguenza, comporta esclusivamente l'onere di dimostrare che l'impresa è validamente costituita ed attiva nel settore di attività economica o nel segmento di mercato o professionale in cui rientrano le prestazioni oggetto del contratto da affidare.

La dimostrazione della globale idoneità ed affidabilità professionale attestata dall'iscrizione nell'apposito registro della Ccia, viene, infatti, integrata e completata dalla richiesta degli altri requisiti speciali, attraverso i quali la stazione appaltante accerta la competenza specialistica e la capacità dell'impresa di eseguire le future prestazioni.

In ragione di ciò l'interpretazione eccessivamente restrittiva del requisito dell'iscrizione camerale comporterebbe una lesione, anziché, la salvaguardia, del principio di concorrenza, poiché determinerebbe una irragionevole e sproporzionata restrizione del mercato degli appalti pubblici, che sarebbe di fatto limitato alle sole imprese che esercitano in maniera prevalente l'attività oggetto dell'appalto, e resterebbe, invece, inaccessibile per tutti gli operatori economici che svolgono un'attività contigua e attinente a quella oggetto delle procedure di gara, dimostrano il possesso degli altri requisiti di selezione della capacità tecnica e professionale richiesti dalla stazione appaltante in relazione al settore economico nel quale rientra l'appalto.

Ciò vale tanto più quando il disciplinare di gara richieda non il possesso di iscrizione per attività coincidente con quella oggetto dell'appalto ma l'iscrizione «per attività coerenti con quelle oggetto della presente procedura di gara»: in simili circostanze risulta evidente che la stazione appaltante debba procedere esclusivamente «ad una verifica di mera compatibilità tra i due parametri (e non di una esatta corrispondenza)».