Gare, ok all'impresa che dimostra di aver depotenziato il manager protagonista di episodi di corruzione
Il Consiglio di Stato spiega quali misure di self-cleaning debbano essere adottate dalle imprese. L'ultima parola spetta alla stazione appaltante
Un' impresa che in passato si sia resa colpevole di gravi illeciti professionali consistenti in episodi corruttivi imputabili alla condotta di un soggetto che rivestiva una posizione apicale può essere riammessa alla partecipazione alle gare se dimostra di avere adottato misure organizzative idonee a far ritenere che non sussista più un penetrante potere di ingerenza e controllo del soggetto stesso rispetto all'attività aziendale. La valutazione sull'idoneità di tali misure organizzative rispetto all'obiettivo indicato rientra nell'ampia discrezionalità della stazione appaltante, cui il legislatore ha voluto riservare un significativo margine di apprezzamento in merito alla rinnovata affidabilità dell'operatore.
Sono questi i principi affermati dal Consiglio di Stato, Sez. V, 18 ottobre 2022, n. 8864, con una pronuncia che investe un tema generale di grande rilievo concettuale e di notevole impatto operativo, in cui si intrecciano esigenze di legalità, necessità di preservare le organizzazioni aziendali, ambiti di responsabilità delle stazioni appaltanti.
Il fatto
Un ente appaltante aveva bandito una gara per l'affidamento di servizi di sanificazione degli immobili di proprietà.Un concorrente alla gara impugnava l'intervenuta aggiudicazione sostenendo che l'aggiudicatario avrebbe dovuto essere escluso ai sensi dell'articolo 80, comma 5, lettera c) del D.lgs. 50/2016, cioè per aver commesso grave illecito professionale. In particolare, il ricorrente evidenziava che le misure così dette di self-cleaning adottate dall'impresa non potevano essere considerate idonee a determinare quel significativo cambiamento nell' organizzazione e gestione dell'azienda necessario per ristabilire l'affidabilità e l'onorabilità dell'impresa stessa ai fini della partecipazione alle gare ad evidenza pubblica.
Il Tar Lazio respingeva il ricorso, ritenendo che l'ente appaltante avesse invece adeguatamente motivato in merito all'idoneità delle misure di self-cleaning rispetto all'obiettivo dichiarato. La sentenza di primo grado veniva impugnata davanti al Consiglio di Stato. Secondo l'appellante la stazione appaltante si sarebbe in realtà limitata a prendere atto e a promuovere in maniera acritica le misure illustrate dall'impresa, senza tuttavia operare una verifica sostanziale delle stesse. Tale verifica, qualora condotta, avrebbe dovuto evidenziare che si trattava in realtà di misure di mera facciata, di carattere temporaneo e/o solo formali, inidonee a determinare un'effettiva dissociazione rispetto alla pregressa gestione societaria che aveva portato alla commissione dei fatti integranti gravi illeciti professionali.
Tali fatti consistevano in dazioni di denaro a un dirigente di una stazione appaltante poste in essere da un soggetto operante in posizione apicale dell'impresa; in una intesa illecita ai fini della partecipazione a una gara, sanzionata con un provvedimento dell'Agcm; in alcuni procedimenti penali per episodi corruttivi sempre a arco del medesimo soggetto. Anche tenuto conto della gravità di tali fatti, l'appellante evidenziava come la struttura organizzativa dell'impresa e più in generale del gruppo imprenditoriale di cui la stessa faceva parte era rimasta sostanzialmente inalterata. In particolare il soggetto protagonista degli episodi sopra menzionati continuava a essere nei fatti il gestore sostanziale dell'impresa, non essendo stato il relativo potere di influenza effettivamente inciso dalle misure introdotte.
Il grave illecito professionale
Per risolvere la specifica questione sottoposta alla sua attenzione il Consiglio di Stato ne offre un inquadramento nell'ambito dell'assetto normativo di riferimento. In questo senso, assume rilievo centrale la previsione contenuta all'articolo 80, comma 5, lettera c) del D.lgs. 50 relativa al grave illecito professionale. Il giudice amministrativo ricorda in particolare che la disposizione prevede che l'esclusione per grave illecito professionale può essere evitata dal concorrente se lo stesso provi di aver risarcito o essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall'illecito posto in essere e, nel contempo, di avere adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti. Qualora la stazione appaltante ritenga queste ultime misure adottate (c.d. self-cleaning) idonee allo scopo, il concorrente non viene escluso dalla gara.
Quest'ultima previsione implica quindi che il giudizio sull'idoneità delle misure di self – cleaning rientri nella valutazione dell'ente appaltante, connotata da ampi margini di discrezionalità. In particolare, l'ampiezza discrezionale della valutazione si ricollega a un giudizio sulla rinnovata affidabilità del concorrente, che può essere oggetto di sindacato da parte del giudice amministrativo nei ristretti limiti in cui tale valutazione sia affetta da manifesta illogicità, irragionevolezza o errore sui fatti.
Nel caso di specie risulta che le valutazioni operate dall'ente committente siano adeguate e logiche nel dimostrare che le misure adottate dal concorrente risultino idonee a dimostrare che la persona fisica che in passato ha posto in essere gli episodi incidenti sulla moralità professionale non è più in grado di esercitare un potere di ingerenza continuativo e significativo sulle scelte aziendali.
Le misure di self -cleaning
Il giudice amministrativo elenca quindi le misure di self -cleaning poste in essere, fornendo quindi alcune indicazioni su quali debbano essere in concreto i contenuti di tali misure affinché le stesse siano idonee allo scopo. In primo piano si collocano quelle misure indirizzate a modificare gli assetti dell'organo di amministrazione. Le stesse vanno in una duplice direzione: da un lato la definizione di un sistema di deleghe diffuse, volto a impedire la concentrazione dei poteri decisori in capo a un unico soggetto. Dall'altro, l'individuazione di opportuni contrappesi rispetto al potere gestorio dell'organo di amministrazione. Sotto questo secondo profilo assumono un ruolo centrale le modifiche al modello organizzativo ex lege 231/2001 volto a prevenire la commissione di reati contro la pubblica amministrazione.
Le modifiche introdotte comportano: la totale indipendenza dell'organismo di vigilanza rispetto all'organo amministrativo, con penetranti poteri di iniziativa e controllo del primo sul secondo; la piena indipendenza anche dei componenti dell'organismo di vigilanza; l'attribuzione a quest'ultimo di un autonomo budget di spesa; l'adozione di protocolli di tracciabilità dei contratti stipulati e delle consulenze affidate al fine di impedire il fenomeno dei contratti e consulenza fittizie; la revisione delle modalità di gestione dei flussi finanziari al fine di evitare la distrazione di somme per finalità extra aziendali.
L'insieme di queste misure ha portato il giudice amministrativo a concludere che le stesse fossero sintomatiche di una situazione di ripristinata legalità, idonea a ricollocare il concorrente sul mercato nel rispetto dei principi generali di trasparenza e concorrenzialità. Di conseguenza legittimamente la stazione appaltante ha ritenuto di non escludere il concorrente dalla gara, sul presupposto che le misure adottate fossero idonee a reintegrare l'affidabilità e moralità dello stesso incisa dai comportamenti in precedenza posti in essere da un esponente collocato ai vertici aziendali e in grado di incidere sull'attività e le scelte imprenditoriali.
Esigenze di legalità e tutela dell'impresa
La questione affrontata dalla pronuncia del Consiglio di Stato è rappresentativa di una tematica che da sempre attraversa il settore dei contratti pubblici, e che nel tempo ha trovato diverse manifestazioni e altrettante forme di declinazione degli strumenti giuridici. Questa tematica si può riassumere nella necessità di conciliare due tipi di esigenze. Da un lato l'esigenza di legalità, volta a evitare fenomeni corruttivi e a preservare la concorrenza effettiva tra gli operatori, evitando che taluno di essi possa rendersi aggiudicatario di contratti attraverso comportamenti fraudolenti. Dall'altro l'esigenza di assicurare la continuità aziendale, salvaguardando l'organizzazione imprenditoriale nel suo complesso ed evitando che i comportamenti ed eventualmente anche i reati posti in essere da parte di singole persone fisiche in quanto rappresentanti dell'impresa possano penalizzare nel tempo e in maniera indiscriminata l'operatore economico in quanto tale.
Sotto il profilo dei principi, la modalità per cercare di conciliare le due esigenze indicate passa per una scissione tra i comportamenti pregressi della persona fisica e l'operatività dell'impresa. Ciò significa in primo luogo distinguere l'azione di singole persone fisiche dalla responsabilità dell'organizzazione aziendale nel suo complesso, cosicchè la prima non deve essere necessariamente imputabile alla seconda. Questa operazione tuttavia non è sufficiente. Occorre anche garantire che il modello organizzativo dell'impresa sia adeguatamente modificato in maniera da evitare che – a prescindere dalle singole persone fisiche che operano in rappresentanza dell'impresa – i comportamenti fraudolenti e corruttivi passati si possano riproporre anche in futuro.
In questo senso assumono un ruolo fondamentale le misure assunte per raggiungere questo obiettivo. E ciò trova espressione proprio nel così detto self -cleaning, la cui efficace attuazione costituisce condizione per raggiungere l'obiettivo di rendere l'organizzazione imprenditoriale quanto più possibile impermeabile ai possibili comportamenti corruttivi dei singoli. Questa logica è accolta nel quadro normativo vigente, e la pronuncia in commento sembra confermarne la validità. Così come ribadisce che – in questo contesto - un ruolo insostituibile resta in capo alla stazione appaltante, chiamata a valutare con la più ampia discrezionalità l'idoneità delle misure adottate ai fini del raggiungimento dell'obiettivo indicato.