Caro-materiali, niente revisione prezzi prima dell'esecuzione: i paletti del Tar Lombardia

 Una sentenza evidenzia la povertà delle armi in mano agli appaltatori al di fuori delle novità appena introdotte dal governo per i nuovi contratti

 La revisione prezzi può operare solo in fase di esecuzione del contratto di appalto, ma non nella fase antecedente la stipula ai fini di rivedere i prezzi formulati dall'aggiudicatario in sede di offerta. Sotto altro profilo, qualora le clausole contenute nella documentazione di gara escludano espressamente la facoltà di ricorrere alla revisione prezzi, non vi sono spazi per l'applicazione di alcun meccanismo di adeguamento del corrispettivo. Tuttavia l'appaltatore non è totalmente privo di mezzi di tutela in quanto, se ritiene che a seguito di eventi non prevedibili l'esecuzione delle prestazioni sia divenuta particolarmente onerosa, può sempre ricorrere all'azione civilistica di risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta.

 Si è espresso in questi termini il Tar Lombardia, Sez. I, 10 marzo 2022, n. 239 con una pronuncia di grande interesse in quanto affronta una tematica particolarmente rilevante nell'attuale congiuntura economica, indissolubilmente legata al fenomeno del così detto caro materiali. La pronuncia non si riferisce evidentemente alla nuova disciplina della revisione prezzi recentemente introdotta dal Decreto legge 4/2022, che riguarda esclusivamente i contratti stipulati a seguito di procedure di affidamento avviate dopo la sua entrata in vigore. I principi affermati hanno però un valenza significativa per tutti quei contratti già in corso di esecuzione o comunque per gli appalti già affidati precedentemente all'entrata in vigore della nuova disciplina, e per i quali si pone comunque in termini spesso quasi emergenziali un tema di incremento dei costi tale da rendere difficoltoso il mantenimento di un equilibrio economico – finanziario del contratto.

Il caso
Un ente locale aveva bandito una procedura aperta per l'affidamento dei servizi integrati di igiene urbana, cui partecipavano due soli concorrenti. A seguito dell'annullamento dell'aggiudicazione a favore del primo classificato, la stessa veniva disposta a favore dell'altro concorrente, secondo classificato. Quest'ultimo rappresentava tuttavia all'ente appaltante la necessità di procedere a una revisione dei prezzi contrattuali ai sensi dell'articolo 106, comma 1, lettera c) del Dlgs. 50/2016. Ciò al fine di eliminare lo squilibrio economico - finanziario che si era prodotto nel periodo intercorrente tra l'indizione della gara e la successiva aggiudicazione a seguito del notevole aumento dei costi e della contestuale riduzione degli introiti da smaltimento dei rifiuti.

L'ente appaltante respingeva l'istanza dell'impresa. Contestualmente invitava la stessa alla stipula del contratto, segnalando che in caso di mancata presentazione avrebbe proceduto alla revoca dell'aggiudicazione e all'escussione della garanzia provvisoria. A fronte di questa comunicazione l'impresa aggiudicataria addiveniva alla stipula del contratto, riservandosi tuttavia di agire giudizialmente per la tutela dei propri diritti. Coerentemente a quanto rappresentato, l'impresa procedeva ad impugnare la nota con cui l'ente appaltante aveva respinto la sua istanza chiedendone l'annullamento nelle parti in cui negava l'adeguamento delle condizioni economiche dell'offerta. Nel contempo chiedeva anche la declaratoria di nullità parziale (o l'annullamento parziale) del contratto di appalto nelle parti in cui escludeva la possibilità di revisione del corrispettivo contrattuale, nonché la condanna dell'ente appaltante al risarcimento dei danni subiti.

I motivi di ricorso
Le richieste sopra indicate trovavano ragione nei motivi di ricorso dettagliatamente articolati. In primo luogo il ricorrente evidenziava che il provvedimento di diniego dell'ente appaltante sarebbe stato viziato in quanto avrebbe inquadrato la richiesta di adeguamento prezzo nell'ambito della fattispecie di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 106, laddove invece l'istanza era formulata ai sensi della precedente lettera c). Nella logica del ricorrente, infatti, si verserebbe in un'ipotesi di sopravvenute circostanze impreviste e imprevedibili rispetto al momento della presentazione dell'offerta (eccezionale aumento dei costi di smaltimento e contestuale diminuzione degli introiti da smaltimento dei rifiuti) che legittimerebbero la variazione del corrispettivo d'appalto ai sensi della richiamata lettera a).

In secondo luogo, avrebbe errato l'ente appaltante nel ritenere che il meccanismo di revisione del prezzo sia applicabile solo in relazione ai contratti in corso di esecuzione, ma non nell'ipotesi in cui il contratto non sia stato ancora stipulato, come nel caso di specie, poichè ammettendolo in questa ipotesi si violerebbe il principio di immodificabilità dell'offerta, posto a tutela del par condicio dei concorrenti. Infine, non sarebbe conferente il riferimento operato dall'ente appaltante alla clausola del capitolato speciale che escludeva qualunque meccanismo di revisione del corrispettivo, poiché tale previsione opererebbe esclusivamente rispetto all'ipotesi di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 106, ma non in relazione alla diversa ipotesi di cui alla lettera c), invocata dal ricorrente.

La posizione del Tar Lombardia
Nell'affrontare le questioni poste dal ricorrente, il Tar Lombardia riafferma in via preliminare la sussistenza della propria giurisdizione esclusiva sulla controversia in esame. Ciò in virtù dell'esplicita previsione contenuta nel Codice del processo amministrativo che attribuisce al giudice amministrativo tutte le controversie relative alla clausola di revisione del prezzo e al connesso procedimento applicativo nei contratti ad esecuzione continuativa e periodica (articolo 133, lettera e), n.2).

Nel merito, il giudice amministrativo ha respinto il ricorso, ritenendo infondate le ragioni addotte dal ricorrente a sostegno dello stesso. Relativamente al primo motivo, non è stata ritenuta accoglibile la tesi del ricorrente secondo cui l'istanza di revisione prezzi dallo stesso presentata andrebbe valutata alla luce della lettera c) del comma 1 dell'articolo 106. Tale disposizione prevede la possibilità di modificare i contratti di appalto qualora la modifica sia determinata da circostanze impreviste e imprevedibili, ma riguardi l'oggetto del contratto. Le modifiche contemplate da questa norma si riferiscono quindi esclusivamente all'oggetto del contratto, tanto che sono denominate dallo stesso legislatore come varianti in corso d'opera. Nulla a che fare quindi con la variazione del corrispettivo di appalto.

Questa seconda ipotesi è invece contemplata dalla lettera a), comma 1 dell'articolo 106, che è appunto la norma cui l'ente appaltante ha fatto corretto riferimento. Tale disposizione prevede che i contratti di appalto possano essere modificati nelle ipotesi in cui ciò stato previsto da specifiche clausole contenute nella documentazione di gara, facendo esplicito riferimento alla clausola di revisione dei prezzi. Quindi è la stazione appaltante che nella sua discrezionalità può decidere se prevedere in sede di gara che i relativi contratti possano essere soggetti a meccanismi di revisione del corrispettivo. Nel caso di specie questa facoltà discrezionale non è stata esercitata, e anzi nella documentazione di gara è contenuta una clausola che esplicitamente esclude qualunque revisione del corrispettivo contrattuale. Tuttavia secondo il giudice amministrativo ciò non implica che l'appaltatore rimanga totalmente privo di ogni mezzo di tutela a fronte di un aumento eccezionale dei costi delle prestazioni da eseguire. Infatti, qualora nel corso dell'esecuzione del contratto si verifichi un aumento eccezionale dei costi tale da rendere lo stesso non più economicamente sostenibile, l'appaltatore potrà attivare l'azione civilistica di risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta, ai sensi dell'articolo 1467 del codice civile.

Nel caso di specie questa possibilità è tuttavia preclusa dalla circostanza per cui il contratto in realtà non è in corso di esecuzione, ma deve ancora essere stipulato. In questa ipotesi non può operare né l'istituto della revisione prezzi – anche qualora fosse previsto dalla documentazione di gara – né il rimedio civilistico della risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta, strumenti entrambi che presuppongono un contratto in corso di esecuzione.Tuttavia l'impresa aggiudicataria può sempre legittimamente rifiutarsi di stipulare il contratto nel caso non lo ritegna più remunerativo a seguito di eventi imprevisti e imprevedibili qualora – come nel caso di specie – sia scaduto il termine di vincolatività dell'offerta indicato nel bando di gara.

I rimedi contro il caro materiali
Come è noto il tema del caro materiali ha assunto un'importanza cruciale negli ultimi mesi nel settore dei contratti pubblici. Il legislatore, come ricordato, è intervenuto – dopo un primo provvedimento di carattere contingente (Decreto legge 73/2021) - introducendo l'obbligatorietà del meccanismo revisionale che opera però solo per i contratti futuri. Per quelli in corso di esecuzione, qualora – come ordinariamente è avvenuto – non sia stata prevista dall'ente appaltante la clausola revisionale, si pone il tema dei rimedi che possono essere esercitati dall'appaltatore.

La pronuncia in commento individua quello dell'azione di risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta. Il rimedio ha tuttavia carattere risolutorio e non conservativo, nel senso che può essere utilizzato per svincolarsi dagli impegni contrattuali divenuti eccessivamente onerosi, ma non soddisfa l'interesse che dovrebbe essere primario per l'appaltatore, cioè quello di conservare il contratto ma ripristinandone il relativo equilibrio economico. Sotto quest'ultimo profilo c'è da chiedersi se non possa essere valutata la possibilità di ricorrere al rimedio di cui all'articolo 1664 del codice civile, che contempla la possibilità di procedere alla revisione del prezzo contrattuale a fronte di circostanze imprevedibili dovute a un eccezionale aumento dei materiali (oltre che della manodopera). È infatti vero che in linea generale e astratta l'applicabilità di questa disposizione ai contratti pubblici è esclusa, in virtù del regime speciale che disciplina la revisione prezzi per gli stessi e dell'esplicita previsione escludente normalmente contenuta nei singoli contratti. Tuttavia la situazione eccezionale – per molti aspetti legata all'emergenza epidemiologica – potrebbe anche portare a qualche apertura giurisprudenziale di rivisitazione dell'esclusione, in analogia a quanto avvenuto in altri campi (per esempio in tema di locazioni immobiliari) particolarmente colpiti dall'anomalo andamento del mercato.