L'insostenibile leggerezza della proroga tecnica

 Di recente, l’ANAC e il Consiglio di Stato hanno ribadito che la cd. “proroga tecnica” ex art. 106, comma 11, del Codice dei contratti pubblici, quale istituto diretto a consentire la mera prosecuzione del rapporto contrattuale in essere nelle more dell’espletamento di una nuova procedura di gara, costituisce uno strumento di carattere eccezionale e temporaneo, ammesso dalla legge in presenza di determinati presupposti e al solo fine di assicurare alla stazione appaltante la continuità della prestazione in corso durante il passaggio da un regime contrattuale a un altro, per il tempo strettamente necessario alla definizione del nuovo affidamento.

Diversamente, il ricorso a tale istituto, o comunque a un rinnovo o una assegnazione al di fuori dei casi tassativamente previsti dalle norme vigenti in materia, si traduce in un affidamento diretto effettuato in grave violazione dei principi eurounitari di concorrenza, apertura al mercato e trasparenza ex art. 30, comma 1, del Codice suddetto.

1. Premessa

“Est modus in rebus”, ricordava Orazio in una delle sue opere più celebri, le “Satire”[1], richiamando la necessità di affidarsi a una saggia moderazione e al senso della misura nelle scelte da compiersi.

Nel solco di questo letterario invito alla temperanza, di valenza sempre attuale, possiamo senz’altro collocare le recenti pronunce – oggetto della presente disamina – con cui l’ANAC e il Consiglio di Stato sono tornati ad accertare e stigmatizzare le condotte illegittime tenute da talune stazioni appaltanti che, nella gestione di contratti pubblici in scadenza, hanno fatto un uso improprio e distorto della cd. “proroga tecnica” prevista oggi dall’art. 106, comma 11, del d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 e s.m.i., recante il Codice dei contratti pubblici relativo a lavori, servizi e forniture attualmente in vigore.

Il citato art. 106, comma 11, come noto, dispone che “La durata del contratto può essere modificata esclusivamente per i contratti in corso di esecuzione se è prevista nel bando e nei documenti di gara una opzione di proroga. La proroga è limitata al tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per l’individuazione di un nuovo contraente. In tal caso il contraente è tenuto all’esecuzione delle prestazioni previste nel contratto agli stessi prezzi, patti e condizioni o più favorevoli per la stazione appaltante”.

La norma predetta pone dunque a disposizione della stazione appaltante la facoltà di porre mano al prolungamento dei tempi di esecuzione del contratto pubblico in essere soltanto alla stregua di specifici e inderogabili termini e limiti di legge, ovverosia:

  • la sussistenza di una espressa previsione in tal senso nella lex specialis di gara che ha regolato l’affidamento del contratto da prorogarsi;
  • la necessità di assicurare la continuità delle prestazioni di tale contratto durante il passaggio da un contraente all’altro, nelle more della definizione della procedura di gara all’uopo indetta.
2. Le Delibere ANAC nn. 576 e 591 del 28 luglio 2021

Come anticipato, l’ANAC è intervenuta con due recenti delibere, emesse nella stessa giornata del 28 luglio 2021, per chiarire i termini e i limiti di applicazione dell’istituto della proroga tecnica e in tal senso accertare e stigmatizzare, nelle fattispecie disaminate, ripetute violazioni delle previsioni di legge in materia.

Segnatamente, in entrambi i casi l’Autorità è intervenuta nell’esercizio delle proprie attribuzioni di vigilanza e controllo sull’affidamento e sulla esecuzione di contratti pubblici, ai sensi degli artt. 213 e 216 del d.lgs. n. 50/2016 e s.m.i., richiamando le stazioni appaltanti al corretto e ponderato utilizzo degli istituti e strumenti – e in particolare la proroga tecnica – delineati dal legislatore per far fronte all’urgenza, nelle more della definizione della nuova procedura di affidamento, di non interrompere l’esecuzione delle attività contrattuali in essere, purché ciò avvenga in presenza di circostanze eccezionali, tassativamente previste per legge ed espressamente preventivate nel precedente affidamento, oltre che estranee alla responsabilità della committenza.

In tal senso, va da subito anticipato che, ferme le diverse analisi e valutazioni effettuate in fatto relativamente a ciascun caso concreto, per entrambe le fattispecie l’ANAC è poi addivenuta a esporre le medesime considerazioni e conclusioni circa il corretto e conforme inquadramento della proroga tecnica, nei termini e limiti stabiliti dalle norme vigenti in materia di contratti pubblici.

Di modo che in questa sede, dopo aver brevemente passato in rassegna i due casi di specie disaminati dalle delibere predette, per opportuna sintesi si provvederà a rappresentare unitariamente le indicazioni rese dall’ANAC sul tema giuridico in rilievo.

Tanto precisato, con la Delibera n. 576 l’Autorità si è pronunciata sulla condotta tenuta da una ASL in ordine all’affidamento e alla gestione di un appalto pubblico per il servizio di supporto alla gestione e alla manutenzione delle apparecchiature biomediche di proprietà ed in uso presso i presidi ospedalieri e territoriali della stessa ASL, caratterizzato da un contratto della durata di 4 anni, stipulato nel 2013 e poi conclusosi, alla luce di una serie di varianti, rinnovi e proroghe disposte in favore del medesimo affidatario, nel 2021.

In buona sostanza, in esito all’istruttoria condotta dall’Autorità e al contraddittorio instaurato con la ASL interessata, si è appurato che quest’ultima ha fatto ricorso, tra l’altro, a una serie di proroghe tecniche attraverso le quali il contraente originario ha continuato a svolgere il servizio di cui si tratta fino al 2021, ben oltre i quattro anni di durata stabiliti in contratto; ciò al fine di non interrompere l’erogazione di tale peculiare servizio, nell’attesa dell’esperimento della gara per il nuovo affidamento indetta da un soggetto aggregatore regionale (preposto all’esperimento di tale procedura in base alle norme di settore) e della definizione del contenzioso poi insorto, con riguardo alla nuova gara indetta, avanti al Giudice Amministrativo.

Successivamente, con la Delibera n. 591, l’ANAC si è nuovamente pronunciata sulla conformità della proroga di un contratto avente ad oggetto lo svolgimento di servizi pubblici, sempre nel settore ospedaliero.

Nello specifico, sulla base di una segnalazione ricevuta, l’Autorità ha effettuato una verifica sugli affidamenti in proroga disposti da un’azienda ospedaliera universitaria in relazione a un servizio di noleggio, ricondizionamento e logistica dei dispositivi tessili, della materasseria statica e dei dispositivi sterili per le sale operatorie.

Dall’istruttoria condotta dall’ANAC, anche in contraddittorio con la committente, si è appreso che il contratto di appalto in esame, stipulato nel 2009, prevedeva la durata del servizio per un periodo di 5 anni, con riserva espressa di rinnovo per un periodo di ulteriori quattro anni, e quindi con una scadenza massima stabilita al 2018.

Anche in questo caso, a causa dei ritardi occorsi nell’esperimento della procedura di gara indetta da un soggetto aggregatore per il nuovo affidamento del servizio predetto, la stazione appaltante ha disposto una serie di proroghe che hanno esteso la durata del contratto fino alla fine del 2021, allo scopo di non interrompere l’erogazione di tale servizio, di rilevante impatto organizzativo, e così non arrecare pregiudizi all’attività assistenziale, nelle more dell’espletamento della citata procedura di gara da svolgersi per la nuova assegnazione del servizio stesso.

Orbene, con riferimento a entrambe le fattispecie appena riportate, nello svolgere le proprie analisi e considerazioni l’Autorità ha anzitutto ricordato che, in queste circostanze, le esigenze connesse alla necessità di garantire la continuità del servizio nelle more del nuovo affidamento possono essere fronteggiate (ai sensi delle norme applicabili ratione temporis) ricorrendo “(…) a varie fattispecie:

  1. stipula di un “contratto ponte” ai sensi dell’art. 57 comma 2, lett. c) del d.lgs. 163/2006 (procedura negoziata senza pubblicazione di bando) per lo stretto tempo necessario all’avvenuta attivazione del contratto da parte del Soggetto Aggregatore di riferimento o Consip, eventualmente inserendo clausola di autotutela che consenta di risolvere il contratto anticipatamente;
  2. stipula di un “contratto ponte”, nel caso in cui il contratto in scadenza lo avesse previsto, ai sensi dell’art. 57 comma 5 lett. b) del d.lgs. 163/2006 per la ripetizione di servizi analoghi, per lo stretto tempo necessario all’avvenuta attivazione del contratto da parte del Soggetto Aggregatore di riferimento o Consip, eventualmente inserendo clausola di autotutela che consenta di risolvere il contratto anticipatamente;
  3. proroga del contratto, nel caso in cui vi sia espressa previsione nel bando di gara iniziale (con procedura aperta o ristretta) e nei termini in esso disciplinati, e comunque non oltre la data di attivazione del contratto da parte del Soggetto Aggregatore di riferimento o di Consip”.

Tanto chiarito, la medesima Autorità ha quindi rilevato la condotta illegittima delle committenze per aver disposto, nelle circostanze in esame, una serie di proroghe in carenza di una specifica previsione contrattuale a riguardo, nonché in forma retroattiva, ad affidamento già scaduto, così dando luogo anche a estensioni e rinnovi taciti invece espressamente vietati dalla legge.

La stessa ANAC ha poi rimarcato sul punto che la proroga tecnica costituisce uno strumento eccezionale e di carattere temporaneo, esperibile solo in presenza di specifiche e tassative condizioni di legge, quali oggi previste dal citato art. 106, comma 11, del Codice dei contratti pubblici, che ne assicurano il corretto utilizzo al solo fine di consentire lo svolgimento delle prestazioni di contratto in continuità, nelle more della definizione della nuova procedura di gara già indetta, per il tempo all’uopo strettamente necessario e purché tale opzione sia stata espressamente prevista dal precedente affidamento.

In particolare, è stato precisato che “(…) nel nostro ordinamento vige il divieto di proroga e di rinnovo dei contratti pubblici, sancito dall’art. 23 della legge 18 aprile 2005 n. 62. La proroga ed il rinnovo si traducono infatti in una fattispecie di affidamento senza gara, con violazione dei principi comunitari di libera concorrenza e parità di trattamento, enunciati dall’art. 2 comma 1 del d.lgs. 163/2006, oggi art. 30 comma 1 del d.lgs. 50/2016 (Delibera Anac n. 304 del 1.4.2020).

L’Autorità e la giurisprudenza amministrativa hanno evidenziato come in materia di proroga dei contratti pubblici di appalto (come per il rinnovo) non vi sia alcuno spazio per l’autonomia contrattuale delle parti, in quanto vige il principio inderogabile, fissato dal legislatore per ragioni di interesse pubblico, in forza del quale, salve espresse previsioni dettate dalla legge in conformità della normativa comunitaria, l’amministrazione, una volta scaduto il contratto, deve, qualora abbia ancora la necessità di avvalersi dello stesso tipo di prestazioni, effettuare una nuova gara pubblica (cfr. ex multis Consiglio di Stato, sez. V, 20 agosto 2013, n. 4192).

A fronte del principio generale del divieto di proroga dei contratti pubblici, vi è una residuale facoltà, da parte della stazione appaltante, di ricorrere all’opzione di proroga cd. tecnica, ovvero quella diretta a consentire la mera prosecuzione del rapporto contrattuale in corso, nelle more dell’espletamento di una nuova procedura di gara.

Ad oggi la proroga d. tecnica è codificata dall’art. 106 comma 11 del d.lgs. 50/2016; tuttavia, anche prima dell’entrata in vigore di tale disposizione, cioè nella vigenza del d.lgs. 163/2006 che disciplina la fattispecie in esame, sia l’Autorità che la giurisprudenza ne hanno individuato i limiti di applicabilità.

L’Autorità ha messo in luce come la proroga tecnica abbia carattere eccezionale e di temporaneità, essendo uno strumento volto esclusivamente ad assicurare una data prestazione in favore della pubblica amministrazione, nel passaggio da un regime contrattuale ad un altro.

L’Autorità ha quindi individuato alcune ristrettissime ipotesi nelle quali la proroga può ritenersi ammessa, in ragione del principio di continuità dell’azione amministrativa, restringendo però tale possibilità a casi limitati ed eccezionali nei quali, per ragioni obiettivamente non dipendenti dall’amministrazione, vi sia l’effettiva necessità di assicurare precariamente il servizio nelle more del reperimento, con le ordinarie procedure, di un nuovo contraente (ex multis, Deliberazione 19 gennaio 2011, n. 7, Deliberazione 19 dicembre 2012, n. 110, Deliberazione 19 settembre 2012, n. 82, Deliberazione 10 settembre 2008, n. 36, Deliberazione 6 ottobre 2011, n. 86; in giurisprudenza, Consiglio di Stato, V, 11 maggio 2009, n. 2882, Consiglio di Stato, V, 7 aprile 2011, n. 2151).

Anche la giurisprudenza ha evidenziato come per effetto dell’applicazione dei principi comunitari che considerano la proroga o il rinnovo di un contratto quale contratto nuovo, soggiacente a regole competitive, la proroga può essere concessa esclusivamente al fine di evitare l’interruzione delle attività in atto, per il solo tempo necessario a consentire l’espletamento della procedura di evidenza pubblica (Consiglio di Stato, sez. V, n. 2151/2011).

Più in dettaglio, in base all’interpretazione della norma fornita dall’Anac e dalla giurisprudenza amministrativa, affinché la proroga tecnica sia legittima, devono ricorrere i seguenti presupposti:

  • la proroga deve rivestire carattere eccezionale, utilizzabile solo quando non sia possibile attivare i necessari meccanismi concorrenziali, nei soli e limitati casi in cui vi sia l’effettiva necessità di assicurare precariamente il servizio nelle more del reperimento di un nuovo contraente (Cfr. Cons. St., V, 11.5.2009 n. 2882; delibere Anac n. 36 del 10.9.2008; n. 86/2011; n. 427 del 2.5.2018);
  • la proroga è ammessa solo quando ha carattere temporaneo, rappresentando uno strumento finalizzato esclusivamente ad assicurare il passaggio da un vincolo contrattuale ad un altro (c.d. contratto ponte);
  • la nuova gara deve essere già stata avviata al momento della proroga (Parere Anac AG n. 33/2013);
  • l’amministrazione non deve rendersi responsabile di ritardi nell’indizione della procedura di selezione del nuovo affidatario. Infatti la proroga tecnica trova giustificazione solo nei casi in cui, per ragioni obiettivamente non dipendenti dall’amministrazione, vi sia l’effettiva esigenza di assicurare il servizio nelle more del reperimento di un altro contraente (TRGA di Trento, sentenza n. 382 del 20 dicembre 2018). In altre parole, la proroga tecnica è ammessa solo nei casi eccezionali in cui, per ragioni oggettive estranee all’amministrazione, vi sia l’effettiva necessità di assicurare precariamente il servizio nelle more del reperimento di un nuovo contraente (Cons. Stato, sez. V, 11 maggio 2009, n. 2882; Parere ex Avcp AG 38/2013);
  • l’opzione di proroga tecnica deve essere stata prevista nell’originario bando di gara e di conseguenza nel contratto di appalto”.
3. La sentenza n. 6955/2021 del Consiglio di Stato

In linea con la casistica surriportata, la questione sottoposta allo scrutinio del Consiglio di Stato attiene a un affidamento di servizi pubblici, stavolta nel settore energetico, operato da un Comune, in adesione alla convenzione CONSIP per il servizio energia e servizi connessi, il cui contratto, stipulato nel 2009 (quindi sotto la vigenza del precedente Codice di cui al d.lgs. n. 163/2006) per la durata di cinque anni, è stato poi prorogato in più di una occasione fino al 2021. Ciò in attesa della individuazione del nuovo aggiudicatario nell’ambito della convenzione quadro di CONSIP nonché, da ultimo, di una proposta di project financing avanzata nel 2019 dal contraente beneficiario delle proroghe in contestazione e finalizzata allo svolgimento dei servizi di che trattasi, la cui valutazione risulta però sospesa da tempo (precisamente, dallo stesso 2019).

Nella fattispecie, dunque, il nuovo aggiudicatario della convenzione quadro CONSIP ha impugnato innanzi al TAR Lombardia le proroghe disposte dalla stazione appaltante, facendone valere l’illegittimità e ottenendo l’accoglimento delle proprie doglianze (TAR Lombardia, sez. I, n. 2450/2020).

Tale pronuncia di primo grado è stata poi impugnata dall’affidatario uscente innanzi al Consiglio di Stato (sez. V, RG n. 10110/2020), sotto più profili, tra cui quello della illegittimità delle proroghe di cui sopra.

In esito a tale giudizio di appello il Supremo Consesso, con la sentenza n. 6955 pubblicata in data 18 ottobre 2021, ha confermato la pronuncia del TAR Lombardia, rimarcando tra l’altro che “(…) in ogni caso non è dato riscontrare nella specie i presupposti – di carattere eccezionale – per poter disporre una cd. “proroga tecnica” dell’affidamento.

Quest’ultima (oggi prevista dall’art. 106, comma 11, d.lgs. n. 50 del 2016, a mente del quale «La proroga è limitata al tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per l’individuazione di un nuovo contraente») costituisce infatti un’ipotesi eccezionale, applicabile in casi straordinari, e comunque per quanto strettamente necessario alla finalizzazione di un nuovo affidamento.

La giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha chiarito al riguardo – anche nella vigenza del precedente Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006 – che, nell’ambito dei contratti pubblici, “il ricorso alla proroga tecnica costituisce un’ipotesi del tutto eccezionale, utilizzabile solo qualora non sia possibile attivare i necessari meccanismi concorrenziali” (cfr., inter multis, Cons. Stato, V, 23 settembre 2019, n. 6326; 17 gennaio 2018, n. 274; III, 3 aprile 2017, n. 1521; V, 11 maggio 2009, n. 2882, che pone in risalto anche la necessità che le ragioni eccezionali della proroga siano “obiettivamente non dipendenti dall’Amministrazione”).

Siffatti presupposti, elaborati dalla giurisprudenza già prima dell’ingresso in vigore dell’art. 106, comma 11, d.lgs. n. 50 del 2016, non sono riscontrabili nel caso di specie, atteso che – oltre a quanto suindicato circa la possibilità del Comune di esprimere già delle valutazioni sulle alternative prospettategli – la proroga è stata disposta a fronte della invocata valutazione comparativa (pur eventualmente necessaria) fra modalità di affidamento del servizio consistenti, rispettivamente, nella possibile adesione alla convenzione Consip e nell’accoglimento di una proposta di project financing, la quale avrebbe dato luogo al più, nell’immediatezza, alla dichiarazione di pubblico interesse in funzione di una successiva gara (tanto che lo stesso provvedimento prevede per tale ipotesi una ulteriore proroga dell’affidamento).

Il che, da un lato non vale a inverare le condizioni straordinarie di eccezionalità cui il ricorso alla proroga tecnica è subordinato, dall’altro non presenta i suddetti caratteri di stretta necessità e funzionalità alla stipulazione di un nuovo contratto, proprio perché viene in rilievo una comparazione fra modalità di affidamento una delle quali priva di effetto finale, ma avente valore ancora preliminare alla gara: di qui un assetto troppo aleatorio e arretrato per poter essere ritenuto tale da inverare una situazione idonea a giustificare utilmente la proroga tecnica.

Alla luce di ciò, al di là dei rilievi (…) in ordine al regime normativo che impone o favorisce l’adesione alle convenzioni Consip (su cui cfr. l’art. 1, comma 7 ss., d.l. n. 95 del 2012; già l’art. 26 l. n. 488 del 1999; l’art. 58 l. n. 388 del 2000; cfr. anche l’art. 1, comma 510, l. n. 208 del 2015; l’art. 1, comma 449 s., l. n. 296 del 2006), l’invocata valutazione comparativa fra le modalità di affidamento non era tale da inverare una situazione eccezionale idonea a giustificare sic et simpliciter la proroga del contratto sottraendo (frattanto) il regime di affidamento alle regole dell’evidenza pubblica, anche eventualmente con ricorso a procedure di transizione”.

In continuità con il consolidato orientamento espresso in materia, il Consiglio di Stato ha perciò ribadito i caratteri essenziali dell’istituto in esame, come già ricordati anche per mezzo delle delibere ANAC nn. 576 e 591 del 2021, perimetrandone, secondo un approccio rigoroso e restrittivo, i termini e limiti di legge anche rispetto al caso in concreto scrutinato.

4. Considerazioni conclusive

Le suddette pronunce dell’ANAC e del Consiglio di Stato attestano e confermano che, alla stregua dei principi fondamentali e delle norme speciali che regolano la materia dei contratti pubblici, anzitutto in punto di favor della legislazione di settore verso l’apertura al mercato, la massima concorrenza e la trasparenza degli affidamenti, l’eventuale ricorso alla proroga di un appalto pubblico risulta assoggettato al rispetto di stringenti e specifici presupposti e limiti di legge, la cui interpretazione e applicazione è stata più volte scandagliata e chiarita dalla giurisprudenza con un orientamento consolidato e di taglio restrittivo quale quello sopra richiamato.

In proposito, giova d’altronde evidenziare che l’istituto della proroga tecnica, così come delineato e applicabile alla luce dei principi e delle argomentazioni sin qui illustrate, si pone in coerenza logica e sistematica rispetto a:

  • l’esigenza di garantire, il più possibile. una durata certa e predeterminata degli affidamenti di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, in attuazione dei principi di economicità, efficacia e tempestività dell’azione amministrativa richiamati dall’art. 30, comma 1, del Codice dei contratti pubblici nonché, più in generale, di quelli di buon andamento della pubblica amministrazione di cui all’art. 97 Cost. In tal senso, si considerino talune speciali norme di settore, quali:
  • l’art. 71 dell’attuale Codice dei contratti pubblici che, con riguardo alle informazioni e ai contenuti minimi dei bandi di gara, rimanda agli schemi tipo approntati dall’ANAC e all’allegato XIV, parte I, lett. C, al Codice predetto, il quale annovera espressamente tra gli elementi e dati necessari l’indicazione della durata delle prestazioni;
  • l’art. 12, comma 1, del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, recante “Nuove disposizioni sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità dello Stato”, tutt’oggi vigente, secondo cui “I contratti debbono avere termini e durata certa e non possono essere stipulati con onere continuativo per lo Stato, se non per ragioni di assoluta convenienza o necessità da indicarsi nel decreto di approvazione del contratto. Per le spese ordinarie la durata non può oltrepassare i nove anni”;
  • il divieto di rinnovo tacito, sancito oramai da molti anni nella cornice normativa dei contratti pubblici, ancora prima dell’avvento della codificazione unitaria di cui al previgente d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e s.m.i. e del vigente d.lgs. n. 50/2016 e s.m.i., proprio al fine di contrastare il ricorso frequente – rectius gli abusi – delle committenze alla proroga dei contratti in spregio dei principi e obblighi di evidenza pubblica cui debbono informarsi, indefettibilmente, gli affidamenti di che trattasi.

Sotto quest’ultimo profilo, peraltro, deve ricordarsi che già la legge 18 aprile 2005, n. 62, recante “Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee” – Legge comunitaria 2004), all’art. 23, aveva soppresso l’istituto del rinnovo espresso, mediante l’abrogazione dell’art. 6, comma 2, ultimo periodo, della legge n. 537/1993 (comma 1)[2], e disposto in via transitoria che “I contratti per acquisti e forniture di beni e servizi, già scaduti o che vengano a scadere nei sei mesi successivi alla data di entrata in vigore della presente legge, possono essere prorogati per il tempo necessario alla stipula dei nuovi contratti a seguito di espletamento di gare ad evidenza pubblica a condizione che la proroga non superi comunque i sei mesi e che il bando di gara venga pubblicato entro e non oltre novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge” (comma 2).

Più in generale, come già segnalato in precedenza questa rivista, va registrato che negli affidamenti pubblici, a tutt’oggi, non sono infrequenti i casi di erronea e/o superficiale interpretazione e applicazione di istituti di carattere straordinario e temporaneo che, lo si è visto, risultano invece attivabili in presenza di precisi e tassativi presupposti di legge e al solo fine di far fronte a specifiche esigenze emergenziali in cui occorre dare continuità alle attività contrattuali in attesa della conclusione di un nuovo procedimento di affidamento pubblico. Tra questi, oltre alla proroga tecnica, che costituisce lo specifico oggetto del presente contributo[3], si consideri ad esempio anche la cd. “gara ponte” ex art. 63, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 50/2016 e s.m.i., contemplata anch’essa nell’attuale quadro normativo di riferimento – in continuità con le precedenti normazioni[4] – quale strumento eccezionale e residuale cui poter ricorrere per arginare situazioni emergenziali debitamente ancorate a tassativi presupposti e stringenti oneri motivazionali[5].

Quasi che al rigore imposto dai principi e precetti normativi sanciti da lungo tempo al riguardo, e vieppiù alla costante e monolitica lettura e attuazione e restrittiva che ne hanno offerto sinora l’ANAC e il Consiglio di Stato, si contrapponga nei fatti, non di rado, una “insostenibile leggerezza” degli operatori del settore, mossa comunque dall’intento – quand’anche comprensibile e ispirato dalle migliori intenzioni – di conferire all’applicazione di siffatte previsioni maggiore elasticità e ampiezza per la risoluzione pratica di talune fattispecie.

La costante perimetrazione delle ipotesi in concreto ammissibili in tema di proroga dei contratti pubblici, quale svolta dall’Autorità e dal Giudice Amministrativo nella direzione qui posta in risalto, deve tuttavia indurre, in ogni caso, a maggiore cautela e ponderazione nella regolazione e gestione di situazioni come quelle sopra considerate, onde scongiurare l’esposizione degli affidamenti esperiti a profili di illegittimità e criticità procedimentali e contrattuali di non trascurabile entità.

[1] Il verso citato, nella sua estensione completa, è “Est modus in rebus: sunt certi denique fines, quos ultra citraque nequit consistere rectum” e può essere così tradotto: “C’è una misura in tutte le cose: vi sono insomma dei precisi confini al di là e al di qua dei quali non può trovarsi il giusto” (Quinto Orazio Flacco, Satire, I, 1, 106 – 107, Edizione Signorelli Milano, 1951).

[2] In particolare, l’art. 23, comma 1, della legge n. 62/2005 prevede che “L’ultimo periodo dell’articolo 6, comma 2, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e successive modificazioni, è soppresso”.

[3] V. G.F. Maiellaro, La cd. “proroga tecnica” dei contratti pubblici: presupposti e limiti di applicazione, 22 aprile 2020, in www.appaltiecontratti.it.

[4] Si veda in tal senso il previgente art. 57, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 163/2006, di tenore analogo al citato art. 57, comma 2, lett. c), del vigente d.lgs. n. 50/2016 e s.m.i.

[5] Segnatamente, l’art. 63, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 50/2016 e s.m.i. dispone che “Nel caso di appalti pubblici di lavori, forniture e servizi, la procedura negoziata senza previa pubblicazione può essere utilizzata: (…) c) nella misura strettamente necessaria quando, per ragioni di estrema urgenza derivante da eventi imprevedibili all’amministrazione aggiudicatrice, i termini per le procedure aperte o per le procedure ristrette o per le procedure competitive con negoziazione non possono essere rispettati. Le circostanze invocate a giustificazione del ricorso alla procedura di cui al presente articolo non devono essere in alcun caso imputabili alle amministrazioni aggiudicatrici”.

Altresì tale peculiare procedura rappresenta, evidentemente, una deroga ai principi fondamentali di pubblicità e massima concorrenza che presidiano gli affidamenti pubblici in argomento, imponendo in tal senso un rigoroso accertamento della sussistenza dei presupposti di legge per potervi fare ricorso, senza alcun margine di interpretazione estensiva (in tal senso, cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 3 febbraio 2016, n. 413; id., sez. V, 8 agosto 2019, n. 5628).

In particolare, siffatto affidamento diretto e d’urgenza soggiace alla sussistenza di ragioni di estrema urgenza:

  • non compatibili con i termini imposti dalle procedure aperte, ristrette o negoziate previa pubblicazione di un bando di gara;
  • determinate da eventi imprevedibili per l’amministrazione aggiudicatrice;
  • non imputabili in alcun modo alle amministrazioni aggiudicatrici.

A tale specifico riguardo, in giurisprudenza è stato precisato che “(…) con particolare riferimento ai requisiti dell’urgenza di provvedere, quale presupposto legittimamente di tale sistema, che essa non deve essere addebitabile in alcun modo all’Amministrazione per carenza di adeguata organizzazione o programmazione (Consiglio Stato, sez. V, 11 maggio 2009, n. 2882, Cons. St., V, 10 novembre, n. 8006) ovvero per sua inerzia o responsabilità (Consiglio Stato, sez. V, 27 ottobre 2005, n. 5996)” (TAR Roma, sez. I, 4 settembre 2018, n. 9145).

La stessa giurisprudenza ha altresì riconosciuto la sussistenza di ragioni di estrema urgenza in caso di effettiva impossibilità di procrastinare l’esigenza di garantire la continuità di servizi di carattere essenziale e sarebbe stato impossibile rispettare i tempi di una procedura di gara, anche negoziata (v. Consiglio di Stato, sez. III, 26 aprile 2019, n. 2687).