Subappalto dei contratti pubblici: i chiarimenti e le indicazioni operative resi di recente da MIMS, Anac e Ispettorato Nazionale del Lavoro sulla riforma del Decreto Semplificazioni Bis

 Parere MIMS n. 998/2021, chiarimenti Anac del 6 ottobre 2021, nota dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro prot. n. 1507/20121 del 6 ottobre 2021

Premessa

Come noto, la recente riforma che ha interessato in modo importante l’assetto del Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e s.m.i. ad opera del D.L. n. 77/2021 (c.d. decreto “Semplificazioni bis”), convertito poi con modificazioni dalla legge n. 108/2021, ha apportato tra l’altro modifiche significative all’istituto del subappalto (v. art. 105 del citato Codice), da lungo tempo al centro di un acceso dibattito, alimentato anzitutto dai rilievi di (in)compatibilità  mossi dalla Commissione UE e dalla Corte di Giustizia UE.

Nella fattispecie, le modificazioni normative sopra richiamate si sono rese necessarie per rispondere ai numerosi rilievi mossi dalle istituzioni europee alla disciplina nazionale sul subappalto, ritenuta a più riprese incompatibile con il diritto comunitario, e per fare fronte alla conseguente situazione di incertezza interpretativa e applicativa, venutasi a creare a livello interno in assenza di una riforma dell’istituto in esame.

La riforma in esame ha, dunque, provato a porre rimedio ai diversi profili critici che affliggono le previsioni di legge in questione, delineando una nuova disciplina del subappalto che si articola in un regime transitorio e in un regime definitivo, tesa ad accompagnare l’evoluzione normativa della materia verso una progressiva e definitiva liberalizzazione della quota di subappaltabilità dei contratti pubblici.

Segnatamente, dopo una fase transitoria (1 giugno 2021 – 31 ottobre 2021) in cui la soglia massima quantitativa di prestazioni subappaltabili è stata elevata al 50% dell’importo complessivo dell’appalto, dal 1° novembre 2021 sarà messa a regime, per l’appunto, la liberalizzazione della quota massima subappaltabile sopra menzionata, rimuovendo ogni limite quantitativo di carattere generale e astratto sino a oggi posto in tal senso (cfr. art. 49 del suddetto D.L. n. 77/2021, conv. con mod. in legge n. 108/2021).

In sintesi – e prescindendo da valutazioni di merito – l’art. 49 del D.L. n. 77/2021 ha stabilito che, fino al 31 ottobre 2021, in deroga a quanto previsto dell’art. 105, commi 2 e 5, d.lgs. n. 50/2016, il subappalto non può superare la quota del 50 per cento dell’importo complessivo del contratto, ed ha conseguentemente abrogato l’art. 1, comma 18, primo periodo, d.l. n. 32/2019 (c.d. decreto “sblocca cantieri”, convertito con modificazioni, dalla l. n. 55/2019), che nelle more di una complessiva revisione del Codice dei contratti pubblici aveva innalzato – per il solo subappalto “ordinario”, di cui al secondo comma dell’art. 105 citato – detto limite dal 30 al 40 per cento.

A partire dal 1 novembre 2021, invece, si prevede la rimozione di qualsiasi limite quantitativo generale e astratto all’utilizzo dell’istituto in esame, con riferimento sia al subappalto “ordinario”, per effetto della modificazione del testo del comma 2 dell’art. 105 del Codice dei contratti pubblici, sia a quello riguardante le lavorazioni c.d. “super specialistiche” di cui al comma 5 del medesimo art. 105, per effetto dell’abrogazione del medesimo comma 5 e dell’inclusione di dette opere nel campo di applicazione della disciplina generale sul subappalto.

A fronte di tale “liberalizzazione” dunque le stazioni appaltanti, nel rispetto dei principi di cui all’art. 30 del Codice citato e previa adeguata motivazione nella determina a contrarre, dovranno indicare nei documenti di gara le prestazioni o le lavorazioni oggetto del contratto di appalto da eseguire a cura dell’aggiudicatario, in ragione:

  • delle specifiche caratteristiche dell’appalto, ivi comprese quelle di cui all’art. 89, comma 11, del Codice (ovverosia quelle relative proprio alle opere c.d. “super specialistiche”, per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica);
  • dell’esigenza, tenuto conto della natura o della complessità delle prestazioni o delle lavorazioni da effettuare, di rafforzare il controllo delle attività di cantiere e più in generale dei luoghi di lavoro e di garantire una più intensa tutela delle condizioni di lavoro e della salute e sicurezza dei lavoratori;
  • dell’esigenza di prevenire il rischio di infiltrazioni criminali, a meno che i subappaltatori siano iscritti nell’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori di cui all’art. 1, comma 52, l. n. 190/2012 (c.d. “white list”) ovvero nell’anagrafe antimafia degli esecutori istituita dall’art. 30, D.L. n. 189/2016 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 229/2016).

Inoltre, al primo comma dell’art. 105 del Codice si prevede espressamente che, a pena di nullità, e fatto salvo quanto previsto dal successivo art. 106, comma 1, lett. d), del Codice medesimo, il contratto non può essere ceduto, non può essere affidata a terzi l’integrale esecuzione delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto d’appalto, nonché la prevalente esecuzione delle lavorazioni relative alle categorie prevalenti e dei contratti ad alta intensità di manodopera.

In ragione di tali significative modifiche della disciplina, al comma 8 della disposizione in esame si introduce, poi, la responsabilità in solido del contraente principale e del subappaltatore nei confronti della stazione appaltante in relazione alle prestazioni oggetto del contratto di subappalto.

Infine, sempre nel solco delle finalità e dello spirito riformatore del decreto “Semplificazioni bis”, si è dato luogo alla riscrittura del comma 14 dell’art. 105 del Codice e, per l’effetto, è venuto meno – a partire, in questo caso, sin dall’entrata in vigore del D.L. n. 77/2021 in data 1° giugno 2021 – anche il divieto per l’affidatario di praticare, per le prestazioni oggetto di subappalto, gli stessi prezzi unitari risultanti dall’aggiudicazione con un ribasso superiore al venti per cento. Al suo posto, è stata introdotta l’espressa previsione secondo cui, “il subappaltatore, per le prestazioni subaffidate a terzi, deve garantire gli stessi standard qualitativi e prestazionali previsti nel contratto di appalto e riconoscere ai lavoratori un trattamento economico e normativo non inferiore a quello che avrebbe garantito il contraente principale, inclusa l’applicazione dei medesimi contratti collettivi nazionali di lavoro, qualora le attività oggetto di subappalto coincidano con quelle caratterizzanti l’oggetto dell’appalto ovvero riguardino le lavorazioni relative alle categorie prevalenti e siano incluse nell’oggetto sociale del contraente principale”.

Tanto premesso e precisato, in vista dell’approssimarsi del termine del 31 ottobre 2021 e, quindi, dell’imminente entrata in vigore (a partire dalla predetta data del 1° novembre 2021), della nuova e definitiva formulazione dell’art. 105 del d.lgs. n. 50/2016, il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (MIMS), l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) e l’Ispettorato Nazionale del Lavoro sono intervenuti di recente sull’argomento, al fine di fornire chiarimenti e indicazioni operative in ordine all’attuazione della norma di che trattasi.

Il parere del MIMS n. 998/2021

In primo luogo, si evidenzia l’attenzione rivolta dal Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (MIMS) all’operatività del nuovo meccanismo introdotto dal D.L. n. 77/2021 con le modifiche apportate all’art. 105, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016, come detto in vigore dal prossimo 1° novembre 2021 in via definitiva.

In particolare, con parere n. 998/2021, nel dare risposta ad un quesito posto con specifico riferimento alla possibilità di prevedere, in base alla nuova disciplina del subappalto, l’eventuale divieto di ricorrere a tale istituto, il citato Ministero ha anzitutto richiamato l’attenzione delle stazioni appaltanti al rispetto dell’obbligo di individuare, prima dell’affidamento dei contratti di appalto, “la/le prestazioni, le categorie per i lavori, indicando le prestazioni o le lavorazioni da eseguire direttamente a cura dell’aggiudicatario”.

In tal senso, il parere in esame sembra voler ribadire che, pur venendo meno, a partire dal 1° novembre p.v. il tetto massimo del 50 per cento relativo alla subappaltabilità delle prestazioni dedotte in contratto, alle stazioni appaltanti sarà comunque consentito di fissare, in via però eventuale e in ragione di ciascuna singola fattispecie di gara, limitazioni quantitative all’istituto in esame, individuando negli atti di indizione delle procedure le prestazioni che, per la loro specificità, dovranno essere rimesse necessariamente all’aggiudicatario.

Tuttavia, se da un lato il D.L. n. 77/2021 ha rimosso ogni limite generale e astratto alla facoltà di subaffidare a terzi le opere da realizzare, dall’altro trova comunque applicazione, come si è anticipato, il divieto di subappaltare interamente le stesse. Anche sul punto, vale segnalarlo, il MIMS ricorda alle stazioni appaltanti che, ferme restando le novità sopra richiamate, “(…) vige il divieto di cessione dell’appalto di cui all’art. 105, comma 1 del Codice, ribadito anche dall’art. 49, co. 1 del d.l. n. 77/2021”, per cui “a pena di nullità, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 106, comma 1, lettera d), il contratto non può essere ceduto, non può essere affidata a terzi l’integrale esecuzione delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto, nonché la prevalente esecuzione delle lavorazioni relative al complesso delle categorie prevalenti e dei contratti ad alta intensità di manodopera”.

Nella parte conclusiva del parere, il Ministero si è infine soffermato sull’ipotesi del divieto di subappalto, ammettendo anche tale ultima possibilità per le stazioni appaltanti, a condizione che venga espressamente previsto nei documenti di gara e adeguatamente motivato.

Alla luce di quanto sinora rappresentato, le stazioni appaltanti potranno quindi riservare l’integrale esecuzione delle opere da realizzare all’aggiudicatario, escludendo così l’utilizzo del subappalto nell’ambito dell’esecuzione del contratto. Per tale specifica ipotesi, tuttavia, dovrà trovare presumibilmente applicazione un onere motivazionale rafforzato rispetto a quello già prescritto dal nuovo art. 105, comma 2, d.lgs. n. 50/2016, ammettendo il MIMS il divieto di subappalto solo ove “adeguatamente motivato”.

I chiarimenti resi dall’Anac nella seduta del 6 ottobre 2021

A sua volta, l’Autorità nazionale Anticorruzione (ANAC) ha preso in considerazione, più nello specifico, la nuova disciplina sul subappalto dettata per le opere c.d. “super specialistiche”.

In proposito, vale rammentare che, in origine, l’art. 105, comma 5, del d.lgs. n. 50/2016 fissava anche per i casi di cui all’art. 89, comma 11, d.lgs. n. 50/2016, un limite quantitativo all’utilizzo del subappalto, pari al 30 per cento dell’importo delle lavorazioni in parola.

Orbene, giova ricordare sul punto che, contrariamente a quanto avvenuto per il subappalto “ordinario” di cui al secondo comma dell’art. 105 del Codice, detto limite, seppur contestato anch’esso in sede europea, non era stato innalzato dal decreto c.d. “Sblocca cantieri” (D.L. n. 32/2019, conv. con mod. in legge n. 55/20219), e ciò aveva dato luogo, nella prassi, a rilevanti complicazioni di carattere interpretativo e applicativo. In altri termini, come evidenziato dall’Anac nei chiarimenti in commento, fino al decreto “Semplificazioni bis”, per le dette opere c.d. “super specialistiche” era stata individuata “una quota specifica di subappalto, distinta e separata da quella generale del 30%, in modo tale che la quota subappaltabile complessiva poteva arrivare anche fino al 70%” dell’importo del contratto. Sotto tale specifico aspetto il decreto “Semplificazioni bis” ha quindi introdotto significative novità, non solo innalzando anche con riguardo alle predette lavorazioni la quota subappaltabile dal 30 al 50 per cento, ma facendo, altresì, coincidere tale limite con la quota massima complessiva raggiungibile.

In altri termini, allo stato attuale – ovverosia in costanza del suddetto regime transitorio introdotto dalla riforma in argomento (applicabile dal 1° giugno 2021 al 31 ottobre 2021), di prossima conclusione  – “(…) il limite massimo di opere subappaltabili deve essere calcolato con riferimento al valore complessivo del contratto, senza poter distinguere (come era precedentemente) tra categorie super specialistiche e altre categorie di lavorazioni”. Tale previsione ha finito con il limitare, nuovamente, l’utilizzo del subappalto, perché “pur essendo innalzato il limite generale di subappaltabilità al 50%, risulta esclusa la possibilità di subappaltare la percentuale ulteriore delle lavorazioni rientranti nelle categorie super specialistiche”.

In ogni caso, come ricordato, detta regola è destinata ad operare solo nella fase transitoria, giacché anche per le opere “super specialistiche” il D.L. n. 77/2021 ha previsto che, a partire dal 1 novembre 2021, “(…) si affermerà il regime della subappaltabilità integrale delle opere fatte salve le opere da eseguire a cura dell’aggiudicatario, in ragione delle specifiche caratteristiche dell’appalto” e “si assisterà, quindi all’abbattimento di ogni limite quantitativo generale e predeterminato al subappalto”. Altresì con riferimento alle lavorazioni c.d. “super specialistiche” pertanto, a regime, “(…) le stazioni appaltanti saranno chiamate ad indicare nei documenti di gara le prestazioni oggetto del contratto di appalto non subappaltabili da eseguire a cura dell’aggiudicatario”.

Al riguardo, peraltro, si tenga presente che, come sopra precisato, le lavorazioni di cui all’art. 89, comma 11, d.lgs. n. 50/2016 vengono prese in considerazione anche dal nuovo comma 2 dell’art. 105 del Codice come opere che, per la loro specificità, possono giustificare una riserva di esecuzione delle prestazioni dedotte in contratto in favore dell’aggiudicatario.

È quindi presumibile attendersi che, con riferimento alle predette lavorazioni, le stazioni appaltanti – pur sempre previa adeguata motivazione – potranno limitare più facilmente l’utilizzo del subappalto, essendo tale facoltà prevista espressamente dalla legge.

La nota dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro prot. n. 1507/20121 del 6 ottobre 2021)

Infine, vale segnalare che, con nota prot. n. 1507/20121 del 6 ottobre 2021, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito indicazioni operative in ordine all’applicazione dell’art. 49, comma 1, lett. b), n. 2), del D.L. n. 77/2021 e, dunque, con particolare riguardo ai profili applicativi del nuovo comma 14 dell’art. 105 del Codice succitato – il cui regime, come noto, è applicabile sin dal 1° giugno 2021 – ponendo l’accento sulle conseguenze e le misure da attuare in caso si rilevino violazioni di siffatta norma nell’ambito delle attività di vigilanza svolte.

Per quanto più di interesse in questa sede, giova segnatamente evidenziare che, nel richiamare il dettato della novella apportata dal decreto “Semplificazioni bis”, l’Ispettorato ha anzitutto chiarito le condizioni in presenza delle quali il subappaltatore è tenuto a “(…) garantire gli stessi standard qualitativi e prestazionali previsti nel contratto di appalto e riconoscere ai lavoratori un trattamento economico e normativo non inferiore a quello che avrebbe garantito il contraente principale, inclusa l’applicazione dei medesimi contratti collettivi nazionali del lavoro, (…)”, specificando che “(…) è stata introdotta una misura di garanzia per i lavoratori dipendenti del subappaltatore che svolgano determinate attività in ragione dell’appalto. Precisamente, le attività oggetto di subappalto devono essere ricomprese nell’oggetto dell’appalto, secondo quanto previsto nel capitolato e non essere, quindi, marginali o meramente accessorie rispetto all’opera o al servizio complessivamente appaltato, oppure far parte della categoria prevalente ossia, come previsto dall’art. 3 comma 1 lett. oo-bis), “la categoria di lavori, generale o specializzata, di importo più elevato fra le categorie costituenti l’intervento e indicate nei documenti di gara”. In questo ultimo caso, tuttavia, le lavorazioni devo essere incluse nell’oggetto sociale del contraente principale”.

In buona sostanza, secondo la lettura offerta dell’Ispettorato, le condizioni cui soggiace l’applicazione dell’obbligo di cui al comma 14 in argomento sono costituite dall’affidamento in subappalto di prestazioni che abbiano le seguenti connotazioni:

  • siano ricomprese nell’oggetto dell’appalto e risultino “caratterizzanti” nel contesto complessivo delle attività da eseguire;
  • oppure ricadano nell’ambito della categoria prevalente e, in tal caso, siano altresì incluse nell’oggetto sociale del contraente principale.

In caso di inveramento delle condizioni quali appena illustrate, come precisato dalla nota in esame, il subappaltatore sarà quindi tenuto ad assicurare ai propri lavoratori, nell’ambito del contratto di subappalto stipulato, “(…) trattamenti economici e normativi non inferiori a quelli che avrebbe riconosciuto l’appaltatore/subappaltante al proprio personale dipendente in ragione del CCNL dal medesimo applicato”.

Tanto chiarito, sempre in merito all’attuazione delle nuove disposizioni ex art. 105, comma 14, del Codice, la medesima nota richiama poi, raccordandosi in tal senso con una precedente nota resa dall’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (prot. n. 8344 del 28 settembre 2021), il principio sancito dall’art. 30, comma 4 del Codice dei contratti pubblici, alla cui stregua “al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente”.

Sul punto, in uno con un’altra precedente nota del citato Ministero del lavoro (nota prot. n. 14775 del 26 luglio 2016) nonché con l’orientamento espresso dal Consiglio di Stato (da ultimo cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 25 febbraio 2020, n. 1406), l’Ispettorato specifica che, al fine di individuare il CCNL correttamente applicabile all’appalto da affidare, è necessario porre “(…) ’attenzione sull’oggetto dell’affidamento e non sulle tipologie di attività esercitate eventualmente dall’operatore economico. In altre parole, ciò che conta è essenzialmente l’oggetto del contratto di appalto ed è ad esso che occorre riportarsi nella selezione del CCNL”. Ciò peraltro senza mancare di segnalare che, sempre a parere del Supremo Consesso (n. 5574/2019), “la scelta del contratto collettivo da applicare rientra dunque nelle prerogative di organizzazione dell’imprenditore e nella libertà negoziale delle parti, con il limite però che esso risulti coerente con l’oggetto dell’appalto (in termini Cons. Stato, V, 1° marzo 2017, n. 932; V, 12 maggio 2016, n. 1901; III, 10 febbraio 2016, n. 589)”.

Tuttavia, proprio in considerazione di tale ultima precisazione, la nota dell’Ispettorato qui in commento non pare chiarire in quali termini, ove ricorrano le condizioni di legge sopra richiamate, possa darsi concretamente seguito all’obbligo posto in capo al subappaltatore dalla novella legislativa di che trattasi, limitandosi invece a concludere in proposito che “Individuato il contratto collettivo di riferimento, applicato dal contraente principale nei termini sopra chiariti, va quindi verificata la ricorrenza delle condizioni normative stabilite dal comma 14 dell’art. 105, sopra illustrate. Ove ne sia riscontrata la ricorrenza il subappaltatore ha l’obbligo di “riconoscere ai lavoratori un trattamento economico e normativo non inferiore a quello che avrebbe garantito il contraente principale” in relazione alle medesime attività lavorative”.

In tal senso, pertanto, anche alla luce delle indicazioni operative dell’Ispettorato quali qui riportate, l’assetto della norma in esame lascia ancora spazio, all’attualità, a talune incertezze applicative che involgono aspetti della questione di carattere indubbiamente sensibile e rilevante, giacché attinenti alla concreta attuazione della tutela economica e sociale dei lavoratori.

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