Il punto sui consorzi stabili, tante zone d'ombra su esecuzione lavori e qualificazione

 Una sentenza del Tar ribadisce che non è obbligatorio indicare con l'offerta chi eseguirà cosa: ma si parte da un quadro normativo poco chiaro

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I consorzi stabili – e analogamente i consorzi tra imprese cooperative – non sono tenuti ad indicare in sede di offerta le parti della prestazione oggetto di affidamento che saranno eseguite dalle singole imprese consorziate, né i nominativi di queste ultime.
È questo il principio affermato nella sentenza del Tar Lombardia, 22 ottobre 2019, n. 2201, che consente anche di fare il punto sui caratteri strutturali e sulle modalità operative di questa particolare forma aggregativa tra imprese, introdotta già da qualche anno nell'ordinamento dei contratti pubblici ma che presenta ancora profili non del tutto chiari.

Il fatto
Un ente appaltante aveva indetto una procedura aperta per l'affidamento del servizio di carrozzeria dei propri automezzi. Nella documentazione di gara era contenuta una clausola secondo cui qualora l'offerente fosse stato un consorzio avrebbero dovuto essere indicati i componenti del consorzio che avrebbero eventualmente assunto il servizio e la relativa quota parte del servizio medesimo da eseguire ad opera di ciascun componente.
Un consorzio, non avendo fornito tali indicazioni neanche a seguito di esplicita richiesta dell'ente appaltante, veniva escluso dalla gara. Nel motivare il provvedimento di esclusione l'ente appaltante faceva peraltro riferimento, oltre che alla clausola sopra richiamata, anche alla previsione contenuta nell'articolo 48, comma 4 del D.lgs. 50/2016, secondo cui nell'offerta devono essere specificate le categorie di lavori o le parti del servizio o della fornitura che saranno eseguite dalle singole imprese raggruppate o consorziate.
Il provvedimento di esclusione veniva impugnato dal consorzio che proponeva un'articolata censura incentrata sulla ritenuta inapplicabilità della clausola e della norma citata al caso di specie, in relazione alla natura di consorzio stabile propria del ricorrente.
La tempestività del ricorso. Prima di entrare nel merito il giudice amministrativo ha affrontato una questione preliminare attinente alla tempestività del ricorso.
Viene infatti in considerazione il principio giurisprudenziale consolidato che impone l'immediata impugnazione delle clausole del bando che risultano immediatamente escludenti, cioè che impediscono la presentazione di un'offerta adeguata. Secondo il giudice amministrativo non è questo il caso della clausola contenuta nel disciplinare di gara.
Quest'ultima infatti poteva ragionevolmente essere interpretata nel senso che l'obbligo di indicare le parti del servizio la cui esecuzione era in capo alle singole imprese consorziate valesse solo per i consorzi così detti ordinari, e non anche per i consorzi stabili e per i consorzi di cooperative. Di conseguenza la suddetta clausola, interpretata in questi termini, non impediva la presentazione di un'offerta e non era quindi soggetta all'onere di immediata impugnazione.

I consorzi stabili
Il giudice amministrativo ricorda che ai fini di attribuire a un soggetto la qualifica di consorzio stabile occorre adottare un criterio sostanziale. Vanno cioè analizzati l'atto costitutivo e lo statuto per verificare se ricorrano i requisiti indicati dall'articolo 45 del D.lgs. 50 e cioè: essere formati da non meno di tre consorziati; aver deliberato di operare in maniera congiunta, istituendo a tal fine una comune struttura d'impresa; avere previsto una durata del consorzio non inferiore a cinque anni.
Verificata la sussistenza di tali requisiti il consorzio stabile può operare in quanto tale, secondo alcune direttrici individuate dalla giurisprudenza.

In primo luogo la giurisprudenza ha ritenuto essenziale la sussistenza dell'elemento teleologico, inteso come astratta idoneità del consorzio, esplicitamente indicata nello statuto, di operare con un'autonoma struttura d'impresa capace di eseguire anche in proprio le prestazioni oggetto di affidamento. In sostanza non è necessario l'intervento operativo delle singole imprese consorziate, il cui coinvolgimento rimane meramente eventuale ed è lasciato alle scelte discrezionali del consorzio. E proprio in relazione a ciò è necessario che vi sia un'azienda consortile, intesa come complesso dei beni organizzati per l'esercizio dell'impresa.

Anche in relazione al carattere appena evidenziato i consorzi stabili sono soggetti dotati di autonoma personalità giuridica, distinta dalle imprese consorziate. Essi sono aggregazioni di imprese che nascono da un'esigenza di cooperazione e assistenza reciproca e operano all'esterno come soggetto unitario.

In questa logica i consorzi stabili rispondono in proprio delle prestazioni da eseguirsi in relazione al contratto oggetto di affidamento, che vengono integralmente imputate ai consorzi stessi.
Resta peraltro aperta la possibilità – che non appare del tutto coerente con i principi enunciati – che le prestazioni siano eseguite anche per mezzo delle imprese consorziate, che vengono in qualche modo a sovrapporsi alla comune struttura d'impresa propria del consorzio in quanto tale.

La commistione tra consorzio e imprese consorziate si riproduce anche in materia di qualificazione
Al riguardo la giurisprudenza ha ripetutamente affermato che ai fini della dimostrazione dei requisiti di qualificazione i consorzi stabili possono utilizzare sia i requisiti maturati in proprio sia quelli delle imprese consorziate. Ed anche sotto questo profilo viene ad essere ridimensionata la qualificazione del consorzio stabile come soggetto autonomo e che agisce in proprio.

A prescindere dalle incongruenze evidenziate risulta comunque chiaro che il consorzio stabile è un soggetto autonomo che può eseguire le prestazioni anche integralmente con la propria struttura d'impresa. Ne consegue che non può ritenersi ad esso applicabile la clausola che impone l'indicazione delle parti di prestazione eseguibili ad opera di ciascuna impresa consorziata.

Una clausola di questo tipo è applicabile ai soli consorzi ordinari, il cui funzionamento è assimilabile a quello dei raggruppamenti temporanei di imprese. Ciò trova conferma proprio nella previsione contenuta all'articolo 48, comma 4 del D.lgs. 50 – erroneamente richiamato dallo stesso ente appaltante nel provvedimento di esclusione – che impone l'indicazione delle categorie di lavori o delle parti di servizi o forniture che saranno eseguite dalle singole imprese con riferimento esclusivo ai raggruppanti temporanei e ai consorzi ordinari.

Alcune zone d'ombra
Non tutto è chiaro in merito alle modalità di funzionamento dei consorzi stabili , alla luce da un lato di quanto enunciato dalla giurisprudenza e affermato anche dalla pronuncia in commento e dall'altro del quadro normativo vigente. In particolare due sono gli aspetti che meritano particolare attenzione.
Il primo è relativo all'affermazione secondo cui i consorzi stabili possono procedere all'esecuzione dei lavori non solo con la propria struttura di impresa ma anche avvalendosi delle imprese consorziate. Questo principio è stato originariamente affermato dalla giurisprudenza, che ha specificato come il consorzio stabile, pur essendo dotato di una propria autonoma organizzazione aziendale, conservi la facoltà di eseguire le prestazioni oggetto di affidamento tramite le imprese consorziate.

Il principio enunciato ha poi trovato anche una consacrazione normativa. L'articolo 47, comma 2 del D.lgs. 50/2016, stabilisce infatti espressamente che i consorzi stabili eseguono le prestazioni o con la propria struttura di impresa o tramite i propri consorziati indicati in sede di gara, senza che ciò costituisca subappalto e ferma la responsabilità solidale del consorzio stabile nei confronti della stazione appaltante.

Questa impostazione lascia perplessi. La logica del consorzio stabile è infatti quella di creare un soggetto autonomo, distinto dalle consorziate, che in quanto tale può operare con una propria struttura di impresa. E che tale modalità operativa non costituisca una mera possibilità ma il sistema ordinario di funzionamento del consorzio stabile è confermato dal fatto che la stessa definizione contenuta all'articolo 45, comma 2, lettera c) indica l'istituzione di una comune struttura di impresa come un elemento essenziale ai fini della configurabilità del consorzio stabile. Ed infatti non si comprende la ragione di attribuire una centralità a tale elemento se poi nella realtà operativa la funzione della comune struttura di impresa può essere legittimamente e sostanzialmente annullata.

Il secondo aspetto critico riguarda il profilo della qualificazione. Il principio che è stato ripetutamente affermato dalla giurisprudenza è quello del cumulo alla rinfusa, secondo cui ai fini della dimostrazione della qualificazione i consorzi stabili possono sommare i requisiti posseduti in proprio con quelli posseduti dalle singole imprese consorziate.
In realtà il quadro normativo vigente non sembra pienamente coerente con il criterio del cumulo alla rinfusa. Infatti la previsione dell'articolo 47 comma 1 stabilisce che i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria devono essere posseduti dai consorzi stabili, con la sola eccezione di quelli relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d'opera e dell'organico medio annuo che sono computati in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate.

Dunque il principio che sembra essere affermato è che la regola è che il consorzio debba qualificarsi in proprio, mentre può fare ricorso alla qualificazione delle consorziate solo con riferimento agli specifici requisiti indicati.

Va tuttavia segnalato che il successivo comma 2 – bis – introdotto dal Decreto legge n. 32/2019, così detto sblocca cantieri – prevede che relativamente ai servizi e alle forniture la sussistenza dei requisiti è valutata con riferimento ai singoli consorziati. Previsione che appare in contrasto con quella contenuta al precedente comma 1.
In ogni caso, ad oggi nessuna disposizione consente il così detto cumulo alla rinfusa, essendo stata eliminata la previsione contenuta nella precedente formulazione del comma 2 che permetteva la sommatoria dei requisiti del consorzio e delle singole imprese consorziate.

L'assetto normativo vigente e le affermazioni giurisprudenziali delineano un quadro d'insieme confuso in tema di qualificazione dei consorzi stabili, che non permette di definire con certezza le regole in base alle quali gli stessi possono partecipare alle gare.