- 17 ottobre 2017 - Violazione del principio di rotazione: impugna solo chi partecipa alla gara

 Dell’eventuale violazione del principio di rotazione, può dolersi solamente l’appaltatore che abbia partecipato alla competizione e non chi, invece – anche su questo presupposto -, abbia deciso di non parteciparvi. In questo caso il ricorrente risulterebbe privo di legittimazione a ricorrere. 

La statuizione appena riportata è disposta con la recente sentenza del TAR Friuli Venezia Giulia, Trieste, sez. I, n. 310/2017.
Oltre a questo aspetto, il decisum ha pregio anche per la riflessione espressa in relazione al caso venga rinvenuta una diversa “prospettazione” della prestazione richiesta tra avviso a manifestare interesse e successivo invito ad offrire. 
La prima problematica che risolve il giudice è quella della legittimazione a ricorrere da parte  dell’appaltatore che non abbia presentato domanda di partecipazione alla competizione.
La decisione, sul punto, viene ancorata su quanto emerge dall’orientamento consolidato per cui la“legittimazione del non concorrente sussiste, (…), solo se si contesti in radice l’indizione della gara, o se si contesti la mancata indizione della gara (avendo l’Amministrazione disposto l’affidamento in via diretta del contratto), o, infine, se si impugnino direttamente clausole del bando di cui si assume la natura immediatamente escludente (in tal senso si veda, ex plurimis, T.A.R. Lombardia – Milano, Sez. IV^, sentenza n. 861/2017)”,come nel caso di specie.

La vicenda 
Nel caso di specie veniva in rilievo una procedura negoziata ex articolo 36, comma 2, lettera b), d.lgs. n. 50/2016, da svolgersi tramite MEPA per l’affidamento, con il criterio del minor prezzo, “dell’appalto del servizio di allestimento, gestione e disallestimento dei palchi e dei service tecnici audio – luci – video per la rassegna di spettacoli” per il comune di Trieste. 
Una prima annotazione può essere evidenziata già in relazione al modus agendi utilizzato dal RUP. Le modalità pratiche seguite, ovvero l’espletamento della procedura tramite il mercato elettronico della Consip (ma avrebbe potuto svolgersi anche in ambito di altro mercato elettronico ed in particolare, dei soggetti aggregatori/centrali di committenza regionali)rappresentano una interpretazione corretta dell’attuale dato normativo.
Ciò è confortato da altra recente sentenza (TAR Puglia, sezioni unite di Bari, n. 1018/2017) in cui sono venuti in discussione i rapporti tra la procedura negoziata semplificata (in specie l’ipotesi di cui alla lettera b), secondo comma, art. 36 del nuovo codice) e la scelta degli appaltatori da un elenco di fornitori o attraverso una specifica indagine di mercato.
Nel caso considerato dal TAR Puglia, un comune impugnava la pretesa ministeriale (Ministero dell’Interno) – nell’ambito di una articolata vicenda legata alla concessione di un finanziamento – secondo cui in questo tipo di procedimento la stazione appaltante deve predisporre un proprio elenco fornitori o procedere con un avviso pubblico propedeutico alla realizzazione dello stesso. In sostanza, secondo la lettura sconfessata dal giudice, la stazione appaltante non potrebbe avvalersi degli elenchi del MEPA o altro mercato elettronico.
Ovviamente il giudice ha respinto tale assunto precisando che la stessa ANAC ha chiarito che i fornitori/prestatori possono essere scelti direttamente dagli “elenchi” delle vetrine virtuali.

L’esplicitazione del procedimento 
Nel caso trattato dal giudice friulano, la stazione appaltante riceveva, in seguito alla pubblicazione dell’avviso a manifestare interesse, tre manifestazioni di interesse pertanto, il RUP decideva – correttamente – di implementare il numero minimo dei soggetti da invitare fino a 5 in modo da poter poi “lanciare” le RDO.
Anche questa decisione, a sommesso avviso, appare corretta. Gli operatori da invitare, pur vero, possono essere anche meno del minimo stabilito dalla norma ma per affermarne la “congruità/legittimità” è indispensabile che tale numero esiguo sia stato, oggettivamente, espresso dal mercato.
Se invece il RUP è consapevole del fatto che il mercato può esprimere più operatori, evidentemente, non può ritenere sufficiente/legittima una partecipazione esigua.
È chiaro poi che la scelta degli appaltatori da invitare esige, come spesso ribadito, un chiaro percorso motivazionale (pur vero che nell’ambito del mercato elettronico è possibile utilizzare anche filtri sull’appartenenza geografica dell’impresa). 
Delle 5 RDO “lanciate” solo 3 hanno trovato riscontro ed il ricorrente decideva di non partecipare evidenziando una serie di illegittimità nel procedimento.

Le doglianze del ricorrente 
Tre sono i motivi di impugnazione dedotti da parte ricorrente di grande interesse pratico/operativo.
Nel primo caso viene in considerazione la non “coincidenza tra invito a manifestare interesse e invito a offrire”e quindi della “maggiore onerosità dell’appalto, che – a parità di corrispettivo a carico della stazione appaltante – chiede(va) all’appaltatore un numero superiore di prestazioni, rendendo impossibile l’offerta perché antieconomica e restringendo ancora di più lo spazio per un confronto concorrenziale”.
Il ricorrente, semplificando, intendeva quindi far valere una “portata escludente” della legge di gara in quanto così come formulato (l’invito ad offrire) non avrebbe consentito di “formulare un’offerta anche in minima misura remunerativa”.
Il giudice non viene persuaso dal rilievo perché, pur vero dell’oggettiva diversità (sotto il profilo quantitativo si registrava un aumento degli spettacoli richiesti da 105 a 123), la portata escludente della legge di gara risultava sconfessata dal dato fattuale ovvero dalla partecipazione alla competizione di almeno una delle imprese invitate. Questo dimostrava che non si era in presenza di un invito ad offrire “in perdita”. 
Non solo, la modifica dell’oggetto – secondo il giudice - “non ha di certo leso la posizione giuridica”della ricorrente “in quanto soggetto che ha manifestato interesse”.
In realtà, “di tale diversità di oggetto”avrebbe potuto“in ipotesi dolersi l’impresa che non avesse manifestato interesse (e fosse così rimasta tagliata fuori dalla gara) confidando sulle indicazioni contenute nell’invito a manifestare interesse e poi modificate dalla lex specialis. Ma di certo non ha interesse a dolersi chi, come la ricorrente, è stato comunque messo nelle condizioni di partecipare alla gara, sia pure con oggetto diverso”.

La questione della rotazione 
Viene in rilievo quindi la questione della rotazione. Alla procedura negoziata veniva “consentita” la partecipazione anche all’impresa che aveva prestato lo stesso servizio nell’anno precedente. 
Il giudice, sul punto, precisa che senza partecipazione alla competizione viene meno la legittimazione a stigmatizzare questo aspetto.
Si legge in sentenza, quindi, che l’impresa che non ha partecipato alla gara semplificata non può dolersi “della palese violazione del principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti operata dall’Amministrazione comunale, che ha invitato alla procedura negoziata l’affidatario del medesimo servizio nell’anno precedente, anziché cercare sul mercato altri operatori, come pure ha fatto per raggiungere il numero minimo di inviti. Detto vizio si situa, infatti, in una fase della gara successiva allo scrutinio delle condizioni per la presentazione di un’offerta ammissibile, successiva cioè alla positiva verifica che il bando non è escludente, e pertanto può essere fatto valere solamente da chi ha legittimamente partecipato alla gara. Rispetto a tale vizio, (…) torna a valere la regola generale che lega la legittimazione a ricorrere alla presentazione di un’offerta valida”. Pertanto, il ricorso in parte qua è stato ritenuto inammissibile.
Questa valutazione, pur ovvia, è molto importante ed è su questo che i RUP delle stazioni appaltanti – ovvero sull’applicazione del principio di rotazione – hanno le maggiori difficoltà.
Criterio, si ripete, “esasperato” dall’ANAC e, per forza, declinato nel nuovo codice dei contratti fino ad essere esteso, con il decreto correttivo anche agli inviti del precedente appalto (avente lo stesso oggetto) e che richiede, a sommesso avviso, una nuova ricalibratura (si allude al primo comma dell’articolo 36 del codice).
Revisione e modifica quanto mai necessaria considerato che la stessa autorità anticorruzione, con la proposta di adeguamento delle linee guida n. 4/2016 (in tema di utilizzo delle procedure negoziate semplificate) ha oramai rilevato gli effetti distorsivi di una applicazione “ortodossa” del principio di rotazione.
Per il momento l’unico “antidoto” è che la stazione appaltante predisponga propri elenchi per l’utilizzo dei quali, la rotazione costituisce, si direbbe, principio immanente.

Il tempo della RDO 
L’ultimo motivo di doglianza, anch’esso al pari degli altri respinto, riguardava il fatto che “la Richiesta di Offerta RdO”era “stata lanciata sulla piattaforma MEPA quando ancora erano pendenti i termini di pubblicazione della determina a contrarre, con il che sono stati violati i principi di pubblicità e trasparenza posti a presidio della più ampia partecipazione alla procedura”.
In modo lapidario, il giudice rileva come “nessuna violazione dei principi di pubblicità e trasparenza si è verificata nel caso in esame in ragione del fatto che la Richiesta di Offerta - RdO è stata lanciata sulla piattaforma MEPA quando ancora erano pendenti i termini di pubblicazione della determina a contrarre (…), posto che – come condivisibilmente osservato dalla difesa di parte resistente- tutti gli operatori che avevano chiesto di partecipare (ivi compreso il ricorrente) sono stati invitati alla procedura negoziata”.
In sostanza, sembrerebbe, il punto ordinante della stazione appaltante ha proceduto con l’invio delle RDO quando ancora altri appaltatori potevano chiedere di essere invitati. 
È chiaro che qualora la stazione appaltante avesse ricevuto altre richieste di invito, avrebbe dovuto ampliare il lotto dei partecipanti assicurando a ciascuno il termine congruo di riscontro alle richieste di offerta.